L’occasione è stata l’intervista sulla parità di genere pubblicata due giorni fa dal nostro quotidiano. Non poteva mancare un accenno sul referendum e sul Pd al quale la senatrice Valeria Fedeli, oltre che essere vicepresidente del Senato, appartiene.
Riforme, spacchettamento, la revisione dell’ Italicum, il nuovo quadro delle alleanze. Che cosa sta accadendo nel Pd? Renzi ha sbagliato nel personalizzare troppo?
Considero un errore politico quello della personalizzazione di Renzi, L’ho scritto anche pubblicamente di recente in un articolo sull’Unità. Lui non può dire “se non passa me ne vado”. Intanto perché se non passa lui è stato eletto da questo parlamento come premier e a questo parlamento risponde. E io sono per mantenere le regole. Non è che si cambia. Secondo, è stato eletto segretario del mio partito attraverso un congresso e quindi è il congresso che cambia il segretario. Poi le scelte di tipo individuale sono individuali, ma il rispetto dei luoghi e della relazione nell’esercizio di funzioni pubbliche secondo me è importante. Quindi penso che la personalizzazione che ha iniziato lui sia stata sbagliata. Altrettanto però considero sbagliata la personalizzazione che adesso fanno altri, perché il testo di una riforma ti può piacere o no ma lo devi conoscere per poterlo valutare e bisogna assolutamente che, sia quelli che come me sono favorevoli al sì sia quelli favorevoli al no si confrontino sul merito, sulle alternative.
Ma ci sono alternative ?
Rimango dell’idea che quando fai una critica devi sempre dire qual è l’alternativa, paltrimenti non sei credibile, anzi sei una o un quaraquaqua. Stai solo lavorando per distruggere. Per quanto riguarda il dibattito interno al Pd: il referendum non è e non può essere il Congresso del Partito democratico. Il tema referendum riguarda il Paese. Voglio sottolineare che – cosa che non si dice più in giro – tutto il Partito Democratico alla Camera e al Senato ha votato la riforma costituzionale. Ci vuole serietà su questo. La serietà porta a considerare che dal primo testo, siccome tutto il dibattito è iniziato dal Senato, abbiamo fatto sei letture, come si dice, ed è profondamente cambiato e anche giustamente perché si sono ascoltate le opinioni della coalizione, si è creato il punto massimo di mediazione e di compromesso anche dentro il partito democratico. Io non posso accettare per serietà e responsabilità politica che su questa riforma non ci sia tutto il partito democratico. Mi si dice che il problema è il combinato disposto con la legge elettorale. Benissimo voglio sentire tutti i parlamentari del Partito democratico che vanno in giro a dire sì alla riforma costituzionale avendola votata e non giocando.
Sull’Italicum comunque non è esattamente così, la questione è ancora aperta?
Sull’Italicum effettivamente non c’è stata una convergenza di tutti. E’ quindi legittimo, secondo me, tenere aperta la questione. Altrettanto è legittimo dire, e bisogna dirlo, qual è la modifica che si vuole fare e su quello determinare condizioni di numeri in parlamento. In particolare considero giusto che il vice segretario del partito democratico parli con tutti i partiti di opposizione e di maggioranza per andare a verificare su quale proposta di cambiamento dell’Italicum può convergere una maggioranza. Questo è il modo di operare. Dal mio punto di vista dico due cose. La prima è che nessuno si sogni, qualunque modifica si voglia introdurre, di togliere la norma antidiscriminatoria presente nella legge elettorale. L’abbiamo messa per l’ elezione dei consigli regionali, c’era già per quella dei comuni e l’abbiamo messa nell’italicum oltre che averla messa nella modifica dell’articolo 55 della riforma costituzionale, dove si afferma che ogni luogo della rappresentanza deve vedere l’equilibrio di presenza tra uomini e donne.


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