La riforma costituzionale che contiene l’abolizione del bicameralismo e un nuovo e ridotto Senato, la revisione del Titolo V della Carta e l’abolizione del Cnel è stata approvata a Palazzo Madama venerdì 8 agosto, prima di una breve pausa estiva, con 183 voti favorevoli e 4 astenuti. Le opposizioni di Lega, Sel, M5s e Gal non hanno partecipato al voto e, tra le forze favorevoli, solo 3 senatori hanno votato in dissenso dai propri gruppi. Si tratta di una delle riforme chiave del governo Renzi e di una promessa mantenuta, al di là di ogni aspettativa dell’ultima ora, grazie all’impegno e alla responsabilità del Partito Democratico e in particolare dei senatori del gruppo Pd. Anche gli esponenti della minoranza democratica, infatti, che nei mesi precedenti avevano espresso forti critiche all’impianto del disegno di legge e avevano presentato proprie proposte alternative, dopo una serie di assemblee e un lungo confronto, alla fine non hanno votato contro.
In un contesto delicato di vuoto ostruzionismo, che ha costretto l’Aula del Senato a riunirsi per due settimane in seduta permanente, anche di notte, il Partito Democratico ha confermato il proprio ruolo di forza politica protagonista del grande cambiamento pensato e voluto dal governo Renzi. A confermarlo sono i dati dell’osservatorio del sito Openparlamento, che vedono i senatori del Pd primi in classifica, con presenze di gran lunga superiori al 90%. Io stessa ho garantito la partecipazione al 97,50 % delle sedute.

La strada intrapresa è quella giusta: l’Italia ha bisogno di riforme, per recuperare competitività, far crescere l’occupazione e ottenere maggiore flessibilità in Europa in tema di conti pubblici. La riforma del Senato è il primo e fondamentale passo. Comporta un risparmio di spesa, la riduzione del numero dei senatori a 100 e la costituzione di una camera delle autonomie in cui verranno rappresentate le Regioni e i Comuni, la semplificazione dell’iter legislativo, la ridistribuzione delle competenze nazionali e locali, l’abrogazione di un organismo consultivo e ormai antiquato come il Cnel. Semplificare e sburocratizzare sono tra le parole chiave di questo governo: tutte le riforme in campo, dal Jobs Act a quella della giustizia a quella della Pa a quella della scuola, servono a rendere il Paese più moderno, produttivo, veloce, snello, capace di liberare risorse e talenti e di ridare futuro ai giovani, alle famiglie, alle imprese. Ora riprendiamo il nostro impegno, proprio dal lavoro: in Commissione si concluderà a breve l’esame della delega sul Jobs Act.

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