«Siamo i soli a volere un doppio turno in un Parlamento in cui siamo il quarto gruppo. Dobbiamo fare i conti con la realtà: l`obiettivo è limitare la frammentazione, facilitando la governabilità, con soglie alte». Il senatore Dario Parrini, ex renziano di ferro che poi ha rifiutato di netto la scissione, è uno degli sherpa del Pd per cercare un accordo sulla nuova legge elettorale.
Lei per 20 anni ha fatto battaglie pro maggioritario. Non le pesa questa sconfitta?
No. Perché ci sono i principii e c`è la realtà. E non tenere conto della realtà è da irresponsabili. Questo non è un ritorno alla Prima Repubblica, quando il proporzionale non aveva alcuna soglia».
Uno sbarramento al 5%: un`asticella più alta di quanto vorrebbe Matteo Renzi. Così, visti i sondaggi, sembra il figlio che uccide il padre…
«No, perché Renzi è sempre stato contro la frammentazione come e più di me. Italia viva al tavolo ha detto sì al 5%. Nessuna dietrologia».
Però i renziani, così, rischiano grosso…
«Questa valutazione non spetta a me».
Zingaretti vuole un`intesa entro il 15 gennaio. Strada spianata verso il voto?
«Assolutamente no. La legge elettorale va cambiata non per anticipare le elezioni, ma per eliminare le assurdità create dalla combinazione tra la legge attuale con il taglio dei parlamentari da 945 a 600».
Quale sarà il punto di caduta?
«È preferibile un sistema a soglie naturali, come in Spagna: riduce la frammentazione quanto quello a soglia 5%, ma è più flessibile e garantisce di più la rappresentanza».


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