«No, non si può tornare indietro e ripristinare l`elettività del Senato. Politicamente e tecnicamente è una scelta preclusa dalle decisioni già prese. Però si può ragionare sui principi ai quali i consigli regionali devono attenersi nell`elezione dei nuovi senatori». Giorgio Tonini, vicecapogruppo al Senato del Partito democratico, auspica una convergenza di tutto il partito ma vede margini ristretti per modificare legge elettorale e riforma costituzionale.
Dunque, l`elettività dei senatori la esclude?
 «È una scelta che è stata fatta sia dal Senato sia dalla Camera. Bisognerebbe buttare tutto e ricominciare da capo. Ma non se ne sente la necessità».
Che margini ci sono per venire incontro alle richieste della minoranza pd?
«Se si vuole legare di più il voto dei consigli regionali al responso delle urne nei consigli regionali, c`è lo spazio per ragionarci su. In sede di nuova lettura da parte del Senato, o direttamente nel testo o con ordine del giorno, si potrebbero individuare principi sui quali vincolare i consigli regionali e dare qualche forma di legittimità diretta. Un criterio potrebbe essere quello di individuare i consiglieri più votati nei rispettivi partiti».
Difficile che basti alla minoranza e a chi parla di rischi per la democrazia.
«Onestamente non riesco a seguire chi paventa tracolli del sistema democratico. Le riforme la rafforzano la democrazia, non la indeboliscono. Ci adeguiamo all`Europa. In tutti i grandi Paesi europei ci sono due Camere differenziate nelle loro funzioni e legate alle autonomie locali. Si può discutere se sia meglio il sistema francese o quello tedesco, ma dire che non siamo nella democrazia è ridicolo».
Il punto è la lettura congiunta di legge elettorale e riforma costituzionale.
 «La legge elettorale dà un premio di 340 deputati su 630 alla forza politica che arriva prima. È la forza che ottiene almeno il 40 per cento al primo turno, altrimenti deve vincere il secondo turno: quindi è un sistema supergarantista».
L`uomo solo al comando?
 «Il leader che diventa candidato premier avrà 340 deputati, di cui almeno 240 eletti con preferenze che non dipendono da lui. Basteranno 30 deputati che dicono no e il governo andrà sotto»
C`è chi dice: torniamo al premio di coalizione.
 «Siamo passati da un bipolarismo fondato su coalizioni vaste e fragili, organizzate per vincere ma non in grado di governare, a un bipolarismo fondato su pochi grandi partiti. Vogliamo tornare a quando un partitino era in grado di far ballare il governo?».
Si dice che per le opposizioni prevarranno i nominati sugli eletti con le preferenze».
«Non mi sembra una tragedia e comunque si verificherebbe solo ove la minoranza fosse molto frammenta».
Quindi tutto bene?
«Il progetto è robusto. Certamente opinabile, ma come sempre in questa materia. Stiamo discutendo di dettagli: importanti, perché c`è di mezzo la Costituzione, ma dettagli. Serve una discussione laica: sarebbe clamoroso non si facessero le riforme per dar retta a questioni di principio rigide e pretestuose».

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