Signor Presidente,

voglio iniziare ricordando che in materia di legge elettorale ci sono due punti sui quali l’Aula del Senato dovrebbe raccogliere l’unanimità.

Il primo è che la legge elettorale è una legge fondamentale della democrazia.

Il secondo è che per più di vent’anni l’Italia non è stata capace di darsi una buona legge elettorale.
Non sto parlando di una legge elettorale perfetta (che non esiste), né di una legge in grado di accontentare tutti, ma almeno una stessa legge per Camera e Senato, almeno una legge votata da maggioranza e da opposizione.

Se partiamo da qui, diventa chiaro che il senso del voto che stiamo per dare va ben oltre l’interesse dei nostri partiti e riguarda, invece, il funzionamento della democrazia e del Parlamento che non si può permettere la casualità di due leggi così diverse da rendere impossibile una composizione omogenea delle due Camere.

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In questa legislatura i tentativi di approvare una legge elettorale che sostituisse il “Porcellum” che oggi il senatore Calderoli ha rinnegato, sono stati numerosi.

Abbiamo approvato l’Italicum, poi risultato incostituzionale.

Sul finire del 2013, il deputato democratico Giachetti arrivò persino allo sciopero della fame per sostenere il ritorno al Mattarellum.
Il tentativo andò a vuoto per l’opposizione di molti, anche del mio partito, persino di tanti che oggi, fuori tempo massimo, chiedono che ritorni proprio quel Mattarellum che allora non aiutarono a portare in Aula.

Lo stesso copione si è ripetuto pochi mesi fa, quando ripetutamente il PD ha proposto il Mattarellum nell’indifferenza generale, con l’eccezione della posizione di un nostro avversario politico, la Lega Nord.

Come pure ancora bruciano gli applausi nell’Aula della Camera per la bocciatura, a scrutinio segreto, di un importante emendamento al proporzionale alla tedesca. La maggioranza era molto larga, ma i franchi tiratori hanno vinto lo stesso.
Oggi, anche chi allora ha cantato vittoria per quell’emendamento bocciato chiede di tornare al proporzionale di cui ha festeggiato la fine.

Queste vicende parlamentari non aiutano, onorevoli senatori.

Ma ora siamo alla fine della legislatura, al momento della verità.

Tra poco il nostro voto dividerà l’Aula non tra destra e sinistra, non tra maggioritari e proporzionalisti, ma tra chi vuole che si vada a votare non con una legge del Parlamento, ma con gli effetti di due sentenze della Corte Costituzionale, e chi al contrario vuole un’unica legge, in modo che le due Camere abbiano una composizione omogenea.

Conoscete bene il contenuto della legge che prende il nome dall’onorevole Rosato.
Favorisce la rappresentanza dei territori e la formazione di quelle coalizioni che servono ai partiti per rafforzare i legami politici.
Con i collegi uninominali e quelle liste di soli quattro candidati che la Corte ha suggerito per renderli identificabili, la legge tiene insieme le caratteristiche del proporzionale e del maggioritario.

La legge è il frutto di un delicato lavoro di mediazione politica tra forze di maggioranza e di opposizione, forze molto diverse e con interessi diversi.

In Parlamento, quando si fanno delle proposte di modifica sarebbe bene che chi le avanza spieghi bene da quale nuova maggioranza verrebbero approvate. Diversamente, è solo ordinaria propaganda!

Io ringrazio tutte le forze politiche che oggi col loro voto contribuiranno non solo all’approvazione della legge, ma anche ad impedire che si vada a votare con leggi diverse per Camera e Senato.

In Italia non dal 2013, ma dal 2011 con il governo presieduto dal professor Monti, la frantumazione parlamentare non consente maggioranze omogenee né di destra né di sinistra.
Da allora, per questa ragione, abbiamo avuto governi sostenuti da partiti dei due schieramenti.
È sorprendente che molti che oggi strillano siano stati tra i promotori di quelle alleanze e abbiano sostenuto quei governi.
Oggi dobbiamo porci una domanda.
L’Italia ha assoluto bisogno che la legge di bilancio venga approvata. Se non lo fosse andremo all’esercizio provvisorio e non voglio nemmeno pensare quali sarebbero le conseguenze per i lavoratori, per le famiglie e tutti i cittadini.
È mia opinione che le forze politiche che concorreranno all’approvazione della legge di bilancio mostreranno di fronte al Paese, con questo atto, senso di responsabilità.

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Il dibattito che ha accompagnato la gestazione della legge Rosato rappresenta un esempio di come una cattiva discussione può impedire qualsiasi intesa.

Abbiamo sentito dire che il presidente Gentiloni è peggio di Mussolini e che i parlamentari che stanno approvando la legge altro non sono che un “manipolo di eletti”. Ho sentito diversi senatori parlare di “fascistellum”.

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Siamo abituati a una polemica politica fatta di volgarità e di insulti gratuiti. Ma debbono esserci dei limiti.

Due giorni fa abbiamo visto in quest’Aula una pianificata occupazione dei banchi del governo che, sono certo, verrà debitamente sanzionata.
Perchè, signor Presidente, la violenza fisica in Aula è l’opposto della democrazia.
Strattonare e spintonare i collaboratori parlamentari (che ringrazio molto per il loro difficile lavoro) non è un comportamento corretto.

La violenza è il contrario della democrazia.

Un Parlamento che accetti, senza reagire e senza difendersi, che al suo interno l’attività legislativa venga interrotta e minacciata con la violenza, non è un Parlamento che deve interrogarsi seriamente sul suo funzionamento.

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Le frasi sul fascismo e su Mussolini più che un insulto al presidente Gentiloni, umiliano chi il fascismo lo ha conosciuto davvero, umiliano tutti i veri antifascisti che sanno valutare le differenze tra allora e oggi.

Lo dico molto seriamente ai parlamentari dell’opposizione che usano questo linguaggio.
Ma come intendete il dibattito politico in Parlamento?
Se evocate con tanta leggerezza il fascismo vuol dire che non avete capito quale tragedia il fascismo è stato per l’Italia.
Pensate veramente che ci sia anche solo una briciola di valore politico positivo nel discutere in questo modo di legge elettorale?
E chiedo: come vedete il futuro politico del nostro Paese, come vedete il vostro stesso futuro, se lo anticipate paragonando Gentiloni a Mussolini?

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Siamo abituati a sentir dire che le leggi elettorali sono le più politiche tra tutte le leggi.
È un’espressione che può essere intesa in vari modi.
Ma quando il consenso o l’opposizione alla legge riflettono l’idea che quella legge ci aiuterà a vincere o la paura che sarà lei a farci perdere le elezioni, allora non si tratta più di buona politica.

A chi voterà contro la legge perché teme la sconfitta elettorale e a chi voterà a favore pensando d’aver già vinto, dico di non fidarsi né dei sondaggi né delle simulazioni e nemmeno delle fantasiose previsioni del senatore Calderoli.

Il vero sondaggio lo faremo nei primi mesi del 2018, quando andremo a votare non con un clic, come vorrebbero i Cinque Stelle, ma con un voto controllato a norma di legge ed espresso nel segreto di seggi veri e con urne vere.

Nessuna legge elettorale è mai riuscita a far vincere chi non ha i voti o a far perdere chi i voti li ha.

Col famigerato Porcellum, fatto apposta nel 2005 per far perdere il presidente Prodi e vincere l’onorevole Berlusconi, il centro sinistra ha battuto Berlusconi per ben due volte.
E anche questo Parlamento ha una composizione molto diversa da quella che avevano annunciato i sondaggi, come sa bene il Movimento 5 stelle di cui nel 2013 nessuno aveva previsto che avrebbe avuto i tanti consensi che ha avuto e che poi ha sprecato con una attività parlamentare inutilmente rumorosa e persino violenta. Eletti con in clic, hanno perso metà dei senatori e ancora di più ne perderanno alle prossime elezioni.
Lo ripeto, il vero sondaggio lo faremo col voto all’inizio del 2018.

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Negli ultimi giorni una questione ha tenuto il campo e non voglio eluderla: se sia corretto approvare una legge elettorale con voti di fiducia.
Tralascio ogni osservazione su come negli ultimi decenni tutti i governi abbiano sentito la necessità di usare con frequenza il voto di fiducia, nel tentativo di porre rimedio alle difficoltà della capacità decisionale del Parlamento.

Ne ha fatto cenno ieri il presidente Napolitano e io debbo ricordare che si sono trovati in questa necessità i presidenti Berlusconi, Prodi, Monti, Letta, Renzi e, da ultimo, Gentiloni.
Tutti, proprio tutti i presidenti degli ultimi 25 anni.

Lo dico a malincuore, ma col nostro bicameralismo paritario e con un sistema politico così frammentato, la fiducia è diventata uno strumento abituale, usato da tutti i governi nel tentativo di far funzionare, com’è possibile, istituzioni molto traballanti.

Per queste ragioni, i governi degli ultimi anni hanno posto la fiducia non solo su provvedimenti di propria iniziativa, ma anche su disegni di legge parlamentari.

In questa legislatura è stata approvata con fiducia la legge sulle unioni civili, che pure era di origine parlamentare.
Non appena avremo la certezza di aver voti necessari, accoglierei con molto favore una decisione del governo di mettere la fiducia sullo jus soli (che non è un provvedimento del governo) prima della fine di questa legislatura.

È stato, però, detto che non si approvano con fiducia le leggi elettorali.

Con la sentenza n.35 di quest’anno la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili i rilievi sollevati sulla decisione di porre la fiducia su leggi elettorali.

Dunque, se siamo dentro la Costituzione, chiedere o non chiedere la fiducia è un atto squisitamente politico.

Dobbiamo valutarlo tenendo conto della delicatezza e dei rischi connessi all’attuale momento istituzionale, ordinamentale e politico.

Possiamo fingere di non sapere che l’Italia solo ora sta uscendo da una crisi economica e sociale che dura da più di dieci anni e che per non tornare indietro ha bisogno di un Parlamento almeno omogeneo nella composizione delle due Camere?

Possiamo correre il rischio che uno sgambetto col voto segreto ci faccia andare al voto con due leggi profondamente diverse tra loro?

Possiamo indebolire ulteriormente il nostro Parlamento in una fase internazionale nella quale i rischi della pace sono altissimi e si è persino riaffacciata la minaccia atomica?
Possiamo andare in Europa cercando di far valere i nostri diritti con un Parlamento eletto con due diverse leggi?

Se debbo dire la mia opinione, con più di cento voti segreti, costruiti come si è visto per favorire gli agguati, il voto di fiducia alla Camera ha avuto molto semplicemente il valore di far votare a scrutinio palese una legge importante che al contrario, come è già accaduto, sarebbe certamente caduta in una delle tante trappole degli scrutini segreti.

Approfitto per dire che, per come si è ridotto il voto segreto, io sono contrario al suo uso: non è più voto di coscienza, ma un voto di manovra politica.

Al Senato la fiducia è stata non solo una decisione egualmente necessaria, ma anche un’assunzione di responsabilità politica.
Non solo perché, irresponsabilmente, sono stati presentati una cinquantina di emendamenti suscettibili di voto segreto e visibilmente strumentali, ma anche per la necessità di non sovrapporre la legge elettorale alla legge di bilancio.

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Le Senatrici e i Senatori del PD voteranno la nuova legge elettorale.
Lo faranno in considerazione del suo contenuto.
Ma anche sapendo che oggi tra noi la divisione è tra chi lavora per dare stabilità a una nuova legislatura con due Camere composte in modo omogeneo e chi lavora pensando di poter trarre qualche vantaggio politico da due diverse leggi elettorali, mai approvate dal Parlamento e certamente destinate a produrre impotenza parlamentare e debolezza di governo.


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