Le senatrici e i senatori del Partito Democratico voteranno la fiducia al governo dell’onorevole Paolo Gentiloni non soltanto per la stima e la considerazione che nutrono nei suoi confronti, ma anche per precise e decisive ragioni politiche.

 

I senatori sanno che il governo Renzi, poche ore prima delle dimissioni, proprio in quest’Aula aveva ricevuto un ampio voto di fiducia che avrebbe dovuto essere interpretato come fattore di continuità sino al completamento della legislatura.

 

Viceversa, così come aveva annunciato col bel discorso pronunciato dopo l’esito del referendum e proprio in ragione di quel risultato, il presidente Renzi ha rassegnato le dimissioni.

 

Una decisione impeccabile, a mio avviso, per il rispetto dovuto a un risultato che ha visto bocciare dal popolo il provvedimento cardine della legislatura.

 

Ho letto le dimissioni di Matteo Renzi come una assunzione di sua personale responsabilità per il risultato referendario. È un punto che gli fa particolarmente onore.

 

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Non è questo il momento per tracciare il bilancio del governo Renzi, bilancio che però sarà necessario fare anche per rispondere alla tanta smemoratezza che sta segnando il dibattito politico e che è emersa anche oggi in quest’Aula.

 

Consentitemi solo di formulare a Matteo Renzi i miei più sinceri auguri per il suo futuro personale e politico in una nuova stagione di riforme utili all’Italia.

 

Osservo che senza le sue politiche e le innumerevoli misure sull’economia, il lavoro, la scuola, la pubblica amministrazione, la giustizia e la cultura, non avremmo i tanti dati che testimoniano in modo inequivoco una stabile inversione di tendenza, l’uscita dalla recessione e la ripresa dell’occupazione.

Venivamo da una situazione molto negativa e i risultati sono ancora insufficienti.

Ma oggi senza quelle misure saremmo a commentare dati molto diversi, se non opposti.

 

Come sappiamo, abbiamo solo iniziato il processo di uscita da una crisi insieme economica e politica, sociale e istituzionale, che sarà ancora lunga e che non riguarda solo l’Italia, ma l’intera Europa, dalla Francia alla Gran Bretagna, dalla Spagna alla Grecia, che investe sia il nord che il sud, sia l’est che l’ovest del nostro continente.

 

Il lavoro di risanamento del nostro Paese deve quindi continuare.

 

Le basi ci sono e il presidente Gentiloni ha tutto l’equilibrio e l’esperienza necessari per guidare il governo sino all’appuntamento delle elezioni che il Parlamento e le forze politiche chiedono vengano celebrate in tempi brevi, con una legge elettorale omogenea per la Camera e il Senato.

Sulla legge elettorale dico solo che per scriverla servirà l’apporto della maggioranza e dell’opposizione e servirà che non venga pensata né contro qualcuno, né a favore di qualcuno.

 

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Onorevole Gentiloni, lei presiede un governo che è stato definito in vari modi.

 

Per le condizioni in cui il governo nasce, preferisco anch’io chiamarlo governo di responsabilità nazionale.

L’orizzonte limitato e la prossima scadenza elettorale accrescono e rendono più impegnative le sue responsabilità.

 

Nei suoi interventi di ieri alla Camera e oggi qui in Senato c’è un punto sul quale vorrei richiamare l’attenzione di quest’Aula.

Mi riferisco al suo annuncio dell’impegno del governo in materia sociale e sul terreno dei diritti.

 

C’è oggi in Europa e, purtroppo, anche nel nostro Paese una seria e grave questione sociale che pesa sui giovani, sulle persone più anziane, sul mezzogiorno, sulle periferie urbane, sui cittadini più in difficoltà, su una povertà sempre più ampia.

Ne ha parlato con grande efficacia il senatore Tronti.

Non è certo nelle possibilità di un governo cui è dato un tempo definito risolvere questioni di dimensioni gigantesche, che hanno avuto origine molti decenni fa e che sono andate seriamente aggravandosi non solo per un contesto sempre più difficile, ma anche per nostre incapacità.

 

L’onorevole Gentiloni può però avviare le soluzioni, metterle a fuoco, sollecitare le iniziative, può mostrare con la sua politica che il Paese è sensibile verso realtà in crisi che meritano dal Parlamento e dal governo un’attenzione speciale e misure all’altezza dei bisogni.

 

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Presidente Gentiloni, molto presto lei rappresenterà l’Italia in importanti appuntamenti internazionali, dovrà provvedere alle urgenze del dopo terremoto e far fronte all’emergenza della crisi bancaria.

In questi impegni e in molti altri, lei sarà sostenuto dalla maggioranza che è emersa anche in questo dibattito e della quale i senatori del Partito Democratico sono e saranno parte convinta e determinante.

 

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Vengo quindi a qualche considerazione più politica sulla difficile fase nella quale il governo inizia il suo cammino.

 

Il contesto politico nel quale oggi ci troviamo presenta una profonda e vistosa crisi della democrazia in gran parte delle nazioni dell’occidente.

Attenzione a non sottovalutare questo delicatissimo aspetto della nostra convivenza, la democrazia è la cifra principale della nostra civiltà, la radice delle nostre libertà.

Ovunque la democrazia è stata conquistata con fatica, con lavoro ed anche col sangue. Evitiamo di difenderla soltanto con le parole.

Perdere la democrazia, indebolirla per gli egoismi, per la frantumazione degli interessi e per una cecità che ci fa ignorare il contesto mondiale in cui ci muoviamo, sarebbe un delitto imperdonabile.

 

All’interno di questo quadro generale vanno valutati gli interessi e le prospettive dell’Italia.

Il risultato chiaro ed esplicito di un referendum che tutti debbono accettare con lealtà, a partire da chi in Parlamento ha votato a favore della riforma, ha lasciato insoluto il grande problema dell’adeguamento del nostro sistema istituzionale alle esigenze dei cambiamenti radicali del nostro tempo e alla necessità di mettere il nostro Paese in grado di reggere la dura competizione internazionale con la quale quotidianamente dobbiamo fare i conti.

 

Il tutto in coincidenza con la gravissima crisi istituzionale, politica e sociale dell’Unione Europea che, andando in una direzione opposta a quella federale indicata da Altero Spinelli, oggi rischia la disgregazione.

 

Sono queste condizioni complessive e la consapevolezza dello stato generale dei problemi ad aver spinto il Partito Democratico a sollecitare la formazione di un governo sostenuto dalla più larga parte delle forze politiche presenti in Parlamento, un governo che accompagnasse il lavoro di armonizzazione delle leggi elettorali di Camera e Senato e portasse, subito dopo, il Paese al voto.

 

La proposta di un governo a larga base parlamentare nasceva dalla convinzione che, pur nelle diversità anche profonde che segnano le forze politiche di maggioranza e opposizione, le condizioni dell’Italia e la limitata durata del governo rendessero molto utile una sia pur breve forma istituzionale di coesione nazionale.

Purtroppo, una campagna elettorale che in più occasioni ha largamente oltrepassato i limiti di un ordinato confronto, ha deteriorato i rapporti politici ed ha impedito che quella iniziativa venisse intesa nel suo corretto significato e avesse un seguito positivo.

Resta immutata, e dobbiamo farcene tutti carico, la necessità di abbassare i toni del dibattito politico e mostrare agli italiani un Parlamento meno rissoso e meno strumentalmente diviso.

C’è troppa volgarità in giro, travestita da politica, travestita da giornalismo, travestita da satira.

È nostro dovere mostrare al Paese un Parlamento dove la lotta politica sappia riconoscere i confini del confronto civile.

 

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Sono queste le precondizioni che hanno portato alla indicazione dell’onorevole Gentiloni da parte del Capo dello Stato e alla successiva formazione del suo governo.

Una scelta saggia, quella del nostro Presidente, che garantisce la continuità di una politica estera che è fattore decisivo per la stabilità del Paese e assicura una presenza leale nei confronti dell’Unione Europea, ma che è anche molto esigente in materia di politiche di sviluppo e di occupazione, di gestione delle migrazioni, di una sempre più vigorosa maturazione del processo di integrazione politica.

All’onorevole Gentiloni, che ringraziamo per il servizio che si appresta a svolgere per il nostro Paese, vogliamo fare i nostri migliori auguri di buon lavoro ben sapendo che il successo del suo governo serve all’Italia e non alla maggioranza che lo sostiene, ma anche che le sue difficoltà sarebbero di ben poca utilità all’opposizione e farebbero molto male all’Italia.

 


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