Seduto giusto accanto al profes­sor Mario Monti che nel convegno diStresa «L’Europa e la politica: quali riforme?» lanciava accuse al governo parlando «vo­to di scambio costituzionale» nella politi­ca economica di questo governo che ac­quista il consenso del popolo con le sue misure, il capogruppo al Senato del Parti­to democratico Luigi Zanda confessa che «sono rimasto sconcertato da quelle paro­le».
Senatore Zanda, l’accusa dell’ex premier è molto pesante.
«Sinceramente non mi spiego i motivi di tanta acrimonia, che mi provoca sbigottimento. Tendo a pensare che il verbo abbia superato il pensiero del Professore. Penso davvero che si sia fatto prendere la mano negli addebiti che ha mosso al governo, e che in fondo abbia espresso un concetto che non gli appartiene. Perché l’abbia fatto non saprei dire, è una versione davvero troppo lontana dalla realtà e anche dalla misura cui il senatore Monti ci ha abituato».
Le accuse di Monti hanno accompagnato quelle di D’Alema, che ha attaccato la riforma costituzionale liquidando il governo come “irresponsabile”.
«Le parole di D’Alema hanno una cifra tutta politica, ma non comprendo questo cosa c’entri col merito di questa revisione costituzionale. D’Alema calorosamente porta avanti le ragioni del No. Legittimo porsi il problema, ma non ha nulla a che fare con i contenuti della riforma che riguardano invece l’assetto istituzionale dello Stato, la sua modernizzazione. D’Alema piega il dibattito sulla Carta alla vita interna del nostro partito. Peraltro D’Alema ha anche detto che il dibattito interno alla sinistra e al Pd negli ultimi due anni, cioè sotto la guida di Renzi, è stato sospeso: ora, mi appare evidente quanto invece la discussione sia vivace e aspra».
E proprio la polemica tra vecchi e giovani sta animando il confronto a distanza tra Renzi e D’Alema, non solo nella chiave del ricambio generazionale, ma anche rispetto a come si esprimerà il voto dei giovani sul testo.
«Ho letto i sondaggi che circolano, ma tanto a quelli positivi quanto a quelli negativi mi sono abituato a non prestare troppa importanza, troppe volte siamo stati smentiti dai fatti, e io credo che ognuno possa avere la tentazione di attribuirsi una rappresentanza che però nessuno può stabilire prima dell’esito della consultazione. Aspettiamo il 5 dicembre per parlarne».
Intanto però, all’avvicinarsi della data del voto, il clima va surriscaldandosi.
«Ecco, mi auguro che invece che possa allentarsi questa tensione, provando a stare sui contenuti della riforma, e non su altre questioni estranee ad essa. Questa riforma non è un lavoro solo di questo Parlamento, ma contiene gli ultimi trent’ anni di iniziative, e penso innanzitutto alle Bicamerali. Sarebbe un gravissimo errore, l’ennesimo, buttare via un’occasione di questo tipo. Dobbiamo essere in grado di dimostrare a noi stessi, all’Europa, alla comunità internazionale che questo Paese è in grado di raccogliere le sfide della modernizzazione senza cadere ogni volta nell’immobilismo. La fine del bicameralismo perfetto, uno degli elementi cardine di questa riforma pur così articolata, va in questa direzione, e ricordo che la discussione sul punto era presente già nel dibattito dei costituenti, non è un’invenzione estemporanea o un capriccio di oggi».


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