La vicenda umana sta affrontando il complesso e concitato sviluppo non solo di nuove politiche, ma anche delle condizioni per “aggiornarne” identità ed equilibri.
L`Europa non è più simile a quella di quindici anni fa; né sorte migliore è toccata, per vari versi, agli Stati Uniti che oggi, tra i candidati alla presidenza, hanno avuto un magnate, Donald Trump, il quale eccitava il suo parterre elettorale cui orgogliosamente garantiva la distruzione del “political correct” per  esempio confermando il diritto a “un`arma difensiva”, da inserire tra le libertà democratiche della nazione americana. Una promessa incentivata dall`improvviso risveglio dell`al settembre 2001, quando gli appiccatori di incendi presero a dire che l`Islam, deciso a liberarsi da una storica frustrazione per avere mancato il suo incontro con la modernità, e non volendo venir meno a principi di moderazione, ha lasciato, di fatto, che frange variamente islamiste si intestassero la responsabilità di creare e gestire strategie violente, criminali, terroristiche, costituite nel nome di una “libertà” che in Turchia riconosce a un ambiguo dittatore la facoltà di valutare la convenienza politico elettorale della pena di morte, nel frattempo imprigionando decine di migliaia di maestri e professori, magistrati e intellettuali, giornalisti e burocrati, impiegati e dirigenti, generali e soldati con il pretesto di un “golpe” dall`origine molto dubbia, e spogliando d`ogni “diritto di cittadinanza” tutti i presunti responsabili di un singolare reato: un`inclinazione democratica, laica, liberal-socialista “in palese contrasto con lo spirito e l`ordinamento politico-religioso dello Stato islamico”. Per tacere dell`ondata revanscista, sommata alle tendenze xenofobe, che ha prodotto i fatti austriaci e il `leave` della Gran Bretagna. E infine l`agglutinarsi quasi simultaneo di varie forme d`opposizione civile, come in l`Italia, dove in vista di un delicato, si spera, “autunno tiepido” vengono tenuti in vita giudizi univocamente critici sulla politica del governo, quando non solo in Europa gli vengono riconosciuti due anni di sforzi in gran parte inediti, a volte aspri e spesso coraggiosi, seppure con impegni non tutti mantenuti, che stanno restituendoci un laborioso, efficace ruolo diplomatico e politico.
Credo che i partiti debbano fare i conti con le parole non sempre esemplari della politica facendosi carico di
un diminuito prestigio, volgendo la mente al più grande e nobile dei patrimoni: la democrazia. Un vero pericolo è la mancata percezione dell`urgenza che il Paese creda, unito, in sé stesso, cioè in un destino comune.
Un scontro referendario che diventasse una scelta unicamente volta a comprovare una supremazia non sarebbe imputabile a questo o a quel leader, ma a un mancato dovere della trasparenza e della responsabilità, della coerenza e della fiducia convenute e riunite per essere la prova di una non più solo declamata “politica del fare”.
Trascorse le amministrative, un detonatore per rispondere alle necessità di approfondire argomenti in funzione non della controversia, ma dèl doverne venire a capo, mentre il Paese ha súbito colto le separatezze, sono pur cautamente risaliti dalla loro inerzia i coraggi perduti e le speranze disperse dei giovani; un fenomeno che in Gran Bretagna, e in Italia, ha indicato la volontà di uscire dall`irrilevanza sociale, dall`esilio psicologico, dalle fonti del pessimismo ingovernato che hanno appesantito un clima di sofferenza anche culturale tra i protagonisti di una sinistra messa in causa ancora una volta, così appare, da invalicabili difficoltà. Eppure siamo coinvolti in una realtà che comprende tutti, maggioranza e minoranza, e non è una questione solo del PD la difesa di un centro-sinistra che per suo merito primeggia in Europa; e nel nostro Paese di cui è il partito più numeroso.
Tutto ciò mentre aumentano le ragioni per dover vivere questa temperie con l`idea di trarne, intanto, ipotesi convergenti, perché la politica è «uscirne insieme», come si amava insegnare nella scuola di Barbiana; mentre oggi una gioventù di “lupi solitari” va a esplodersi negli ovili per ingrandire la morte, anche sgozzando un prete “nemico di Allah”, una delirante visione dei problemi religiosi, un argomento per alimentare suggestioni, e indirizzare militanze, tra ragazzi e ragazze invaghiti da violenze, sciaguratamente, anche misticheggianti: circa 1800 terroristi, tra aspiranti e professionali, nascosti nelle tane non solo europee in vista di una visionaria guerra di religioni. Ho stima della qualità morale e intellettuale dell`opposizione, ma occorre predisporre progetti, convinti
della necessità di prepararsi a una politica indotta da una “ragione ragionevole”, che cioè non offra spazi al consumo dei disincanti e delle paure, ma anche alle pretese dirisolvere le difficoltà della crisi con i rigori dell`intransigenza, dell`austerità, della durezza. Si tratta di ricreare una invogliante,` non rassegnata, normalità; e qui, per alleggerire i toni, mi torna in mente il giudizio di Pietro Nenni, saltuario giocatore di bocce. In attesa di una intervista gli chiesi quanto potesse assimilarsi alla politica il resistere o l`affidarsi alla tentazione di “bocciare” oppure “andare a punto”. Nenni mi spiegò la superiore qualità della seconda scelta: non il colpo emotivo, direttamente sul bersaglio, ma la sponda paziente e lo sguardo Che accompagna e sembra guidare la boccia finché si ferma accanto al pallino. Una metafora di sinistra, che evoca la pericolosità di trasformare il contrasto nell`irriducibilità per giunta in un Paese risolutamente avviato a misurarsi con il suo futuro; mentre nella saggistica di colpo temeraria dell`Occidente furoreggia, nientemeno, la diceria storico immaginifica dei “cambi di civiltà”.
In realtà credo sia arduo sentirsi esclusi dalle parole del presidente Mattarella quando dice che «nei momenti di crisi profonde un grande Paese come il nostro ha il dovere di essere unito, per infondere fiducia e forza. E per alimentare la speranza».
E Francesco, a sua volta: «Dio fermi il terrore, tocchi i cuori dei violenti. Basta orrori! La nostra risposta a chi vorrebbe una guerra tra religioni si chiama: fraternità, comunione, famiglia».
Quanto alla scelta di una politica plurale, laboriosa ed efficace non si conceda, essa sì, nessuna pausa; ma
sia, proviamo a esagerare, come il rampicante per i muri.


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