Daniela Sbrollini, componente Commissione Agricoltura del Senato, ricorda che “le donne svolgono un ruolo fondamentale e da lunga data nelle aziende agricole senza che questo, in molti casi, sia riconoscibile in termini di titolarità dei diritti e di responsabilità gestionali”.
Continua la senatrice Pd: “Dobbiamo far un salto culturale. Ci sono segnali che i Italia le cose stanno cambiando, il peso percentuale delle conduttrici nel settore agricolo è progressivamente aumentato L’imprenditoria femminile agricola è ancora prevalentemente concentrata sulle aziende più piccole (78 per cento), con una dimensione media attorno ai 5 ettari (contro i circa 8 ettari della media nazionale). Le imprenditrici agricole esprimono però assolute eccellenze in molti campi, a partire dal settore vitivinicolo, e si caratterizzano per una forte propensione alle pratiche biologiche ed ecosostenibili, all’agricoltura sociale, all’innovazione.
Tale vivacità ed eccellenza non è sempre rappresentata a sufficienza nei vertici delle organizzazioni di settore così come nei servizi pubblici e privati al comparto agricolo.
Quindi è arrivato il momento di ripensare il ruolo delle donne in agricoltura.
L’attuale Governo non ha, ad oggi, proposto iniziative efficaci a sostegno della presenza delle donne in agricoltura.
Chiediamo un deciso cambio di passo.
Negli ultimi anni si è assistito inoltre ad un aumento costante della manodopera femminile nel settore agricolo: non si tratta solo di straniere, ma anche di lavoratrici italiane, costrette spesso a impieghi sottopagati, orari di lavoro massacranti, svariate forme di vessazioni, che in alcuni casi sfociano in violenza.
Con una mozione invitiamo il Governo a costituire un tavolo per promuovere gli aspetti organizzativi, sociali ed economici dell’agricoltura al femminile, per esaltare il contributo femminile all’agricoltura ed in particolare per lo sviluppo sostenibile dell’agroalimentare italiano. E’ un settore strategico per l’Italia, che ha un giro d’affari di 190 miliardi di euro, pari al 17 per cento del prodotto interno lordo italiano.
In particolare chiediamo di promuovere azioni a sostegno della formazione manageriale e professionale delle donne, di specializzazione nei processi di direzione dell’azienda, di sostegno alle azioni di commercializzazione e di accesso al credito.
Chiediamo inoltre una maggiore sensibilizzazione verso la componente lavorativa femminile, ponendo in essere strumenti correttivi e di tutela volti a superare le discriminazioni di genere (nelle paghe salariali, nelle attribuzioni di mansioni, nella tutela della maternità, nelle molestie sessuali e altro), e a sostenere percorsi di crescita professionale.
Nell’ambito dell’impresa familiare proponiamo di prevedere, come del resto già prefigurato la scorsa legislatura nell’ambito dell’esame delle proposte di legge per il settore ittico, una specifica disposizione che riconosca a livello civilistico la figura del familiare che svolge la propria attività nell’ambito dell’impresa agricola e alla quale riconoscere ogni diritto lavorativo previdenziale ed assistenziale di cui godono gli altri lavoratori”.

Di seguito il testo della mozione

Premesso che:

il ruolo delle donne ed il loro contributo in ogni campo e, più in generale, allo sviluppo economico e sociale del Paese rappresenta in modo riconosciuto uno snodo fondamentale per una corretta programmazione delle politiche pubbliche;

più di un quarto della popolazione mondiale è oggi costituito dalle donne che abitano e lavorano in aree rurali, le quali Contribuiscono quotidianamente allo sviluppo dell’economia familiare;

lo spopolamento e la scarsa manutenzione del territorio hanno reso le aree rurali più fragili e accentuato nel corso degli anni, processi di depauperamento di risorse umane e naturali;

le donne svolgono un ruolo fondamentale e da lunga data nelle aziende agricole senza che questo, in molti casi, sia riconoscibile in termini di titolarità dei diritti, di responsabilità gestionali e garanzie giuslavoristiche loro accordate;

i dati Eurostat sulla forza lavoro del 2016, riferiti all’Unione europea a 28 Stati (UE-28) certificano che le donne rappresentano il 35,1 per cento della forza lavoro agricola; tale percentuale risulta di 10 punti percentuali inferiore alla quota di donne sul totale della popolazione lavorativa, che si attesta a circa il 45,9 per cento;

la Fao fa presente che in 15 Paesi dell’Unione europea le donne possiedono il 20 per cento dei terreni agricoli, rispetto al 77 per cento dei terreni posseduti dagli uomini e il 3 per cento dai Governi, rendendo, così, tra l’altro, più difficile per il genere femminile l’accesso al credito;

in Italia, i dati dell’Istat sulle forze lavoro del 2016 contano il 27 per cento delle donne occupate in agricoltura; la presenza femminile pesa per il 3 per cento del totale delle donne occupate, contro il 14 per cento nell’industria e l’83 per cento nei servizi;

dal confronto fra gli ultimi due censimenti agricoltura, il peso percentuale delle conduttrici nel settore agricolo è progressivamente aumentato, passando dal 26 del 1990 al 31 per cento del 2010;

l’imprenditoria femminile agricola è ancora prevalentemente concentrata sulle aziende più piccole (78 per cento), con una dimensione media attorno ai 5 ettari (contro i circa 8 ettari della media nazionale);

quanto alle imprese condotte da giovani agricoltori, le aziende agricole guidate da giovani donne sono aumentate del 6,6 per cento dal 2016 al 2017, raggiungendo un totale di quasi 14 mila unità;

negli ultimi anni si è assistito ad un aumento costante della manodopera femminile nel settore agricolo: non si tratta solo di straniere, ma anche di lavoratrici italiane, costrette spesso a impieghi sottopagati, orari di lavoro massacranti, svariate forme di vessazioni, che in alcuni casi sfociano in violenza;

le informazioni statistiche, comunque, sembrano risentire di una discrasia tra quanto rilevato dai dati ufficiali e la realtà effettiva, dove il lavoro agricolo svolto dalla donna è sovente considerato, soprattutto laddove è svolto a favore di aziende agricole a carattere familiare, al pari del lavoro domestico e, in quanto tale, incapace di assurgere una sua propria rilevanza;

le imprenditrici agricole esprimono assolute eccellenze in molti campi, a partire dal settore vitivinicolo, che si caratterizzano per una forte propensione alle pratiche biologiche ed ecosostenibili, all’agricoltura sociale, all’innovazione; sta crescendo a livello nazionale ed internazionale la creazione di reti ed associazioni di donne del settore attorno alla valorizzazione della biodiversità agricola, lo scambio di esperienze, la cooperazione; tale vivacità ed eccellenza non è sempre supportata e rappresentata a sufficienza nei vertici delle organizzazioni di settore così come nei servizi pubblici e privati al comparto agricolo;

la Fao ha stimato che se le donne avessero lo stesso accesso alle risorse degli uomini, la produzione agricola potrebbe aumentare fino al 30 per cento. E poiché in molti Paesi poveri l’agricoltura è la principale occupazione delle donne, questo potrebbe far sì che 150 milioni di persone potrebbero nel prossimo futuro uscire dalla loro condizione di insicurezza alimentare. È per questo che uno dei Global Goals della Fao individua nell’uguaglianza di genere e nell’emancipazione femminile uno dei principali, e, peraltro, tra i più difficili obiettivi da raggiungere;

è stato ampiamente dimostrato che valorizzando le capacità produttive delle donne a favore di un’agricoltura sostenibile, non solo si lavorerebbe per il futuro ambientale della Terra, ma si andrebbe verso la piena fruizione dei loro diritti individuali. Inoltre, quando coinvolte nei processi decisionali sulle questioni climatiche, le donne hanno dimostrato di poter fare la differenza; grazie alla loro conoscenza ed esperienza nella gestione delle risorse naturali, sono in grado di strutturare una valida risposta ai disastri ambientali sia nella messa in sicurezza della popolazione che nella ricostruzione successiva nonché nel reperimento di nuove risorse di immediata necessità;

valutato che:

l’Onu ha messo in campo da anni una serie di azioni, dal coinvolgimento delle donne nei processi decisionali che possono influire sul clima a livello locale e globale, alla promozione finanziaria e tecnologica di iniziative imprenditoriali femminili;

numerosi studi ed indagini da anni hanno approfondito gli aspetti organizzativi, sociali ed economici dell’agricoltura al femminile, rimarcando strette connessioni tra la presenza di donne attive in agricoltura e l’attenzione per la diversificazione economica aziendale (agriturismo, attività didattiche, vendita diretta, agricoltura sociale e altro) e gli aspetti ambientali (in particolar modo per ciò che concerne lo sviluppo di modelli produttivi sostenibili come l’agricoltura biologica e l’agricoltura familiare), sempre coniugati con un’alta redditività dell’impresa;

per quanto riguarda l’agricoltura biologica, come confermato anche dai dati Istat, le aziende guidate da donne in Italia sono aumentate del 20 per cento nel periodo compreso tra i due censimenti sul mondo agricolo;

per ciò che concerne l’agricoltura familiare è stato evidenziato, da più parti, come le donne siano il perno delle aziende a conduzione familiare ed abbiano un ruolo chiave nella sostenibilità economica e sociale della stessa impresa;

risulta custodito nella memoria e nella sapiente tradizione artigianale delle donne il patrimonio enogastronomico dei nostri territori ed è fondamentale dare visibilità e riconoscimento a tale cultura, anche in ragione del valore economico che la stessa possiede per l’identificazione dei prodotti agroalimentari made in Italy, individuabili non solo in base alla componente organolettica del prodotto, ma anche in relazione alla specificità delle tecniche di lavorazione;

il contributo femminile all’agricoltura è, quindi, fondamentale per lo sviluppo sostenibile dell’agroalimentare italiano, un settore strategico per l’Italia, che ha un giro d’affari di 190 miliardi di euro, pari al 17 per cento del prodotto interno lordo italiano;

sono riscontrabili tuttora situazioni specifiche che ostacolano la crescita della presenza femminile nel settore, sia sul versante più propriamente imprenditoriale, sia in termini di riconoscimento a livello lavorativo delle prestazioni fornite, sia con riguardo al contesto di riferimento nel quale sono chiamate a svolgere l’attività lavorativa;

dal lato imprenditoriale, occorre sostenere la formazione manageriale e professionale delle donne, anche attraverso specifici percorsi di empowering il genere femminile nel settore agricolo, di specializzazione nei processi di direzione dell’azienda, di sostegno alle azioni di commercializzazione e di accesso al credito;

dal lato del lavoro dipendente, è necessaria una maggiore sensibilizzazione verso questa componente lavorativa, ponendo in essere strumenti correttivi — servizi di tutela – volti a superare le discriminazioni di genere (nelle paghe salariali, nelle attribuzioni di mansioni, nella tutela della maternità, nelle molestie sessuali e altro), e a sostenere percorsi di crescita professionale;

nell’ambito dell’impresa familiare occorre prevedere, come del resto già prefigurato la scorsa legislatura nell’ambito dell’esame delle proposte di legge per il settore ittico, una specifica disposizione che riconosca a livello civilistico la figura del familiare che svolge la propria attività nell’ambito dell’impresa agricola e alla quale riconoscere ogni diritto lavorativo previdenziale ed assistenziale di cui godono gli altri lavoratori;

in ordine al contesto, risulta, quanto mai necessario, incentivare la creazione di servizi di assistenza nelle aree rurali, legate alla cura dei bambini in età scolare, all’assistenza degli anziani, ai trasporti, all’assistenza sanitaria in ambito rurale, al sostegno al lavoro di cura per chi e impegnata in azienda agricola, e alla realizzazione della banda larga per la copertura di tutto il territorio rurale;

risulta, altresì, necessario che, anche nell’ambito degli enti pubblici chiamati ad operare per il settore agricolo, venga prevista un’adeguata rappresentanza di genere nell’ambito delle cariche direttive, al pari di quanto è stato fatto con la cosiddetta legge Golfo-Mosca che ha posto una riserva dei posti disponibili al genere femminile negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate (consigli di amministrazione e collegi sindacali); occorre, infine, prevedere che ogni rilevazione statistica per il settore, ivi comprese le attività di monitoraggio e di valutazione delle politiche agricole e rurali, includa una differenziazione per genere così da avere un quadro reale e costantemente aggiornato al fine di meglio programmare e configurare ogni intervento necessario;

l’attuale Governo, ad avviso dei firmatari del presente atto, non ha, ad oggi, messo in campo iniziative efficaci a sostegno della presenza delle donne in agricoltura;

nella scorsa legge di bilancio sono state respinte proposte emendative che promuovevano, tra l’altro, l’accesso al credito per le imprenditrici agricole, in particolar modo, per l’innovazione tecnologica delle imprese e strumenti di conciliazione con riferimento alle zone rurali e marginali;

le politiche dell’attuale Governo sembrano invece valorizzare una figura arcaica e anacronistica di agricoltura, come ad esempio la norma che prevede l’assegnazione a titolo gratuito di terreni a famiglie numerose, legata a modelli patriarcali e con una connotazione maschile che denigra e scredita il ruolo delle donne;

anche per quanto riguarda la rappresentatività in agricoltura l’ultimo provvedimento risale alla scorsa legislatura, e più precisamente alla legge 28 luglio 2016, n. 154, che ha sancito una quota minima di presenza di donne di almeno il 20 per cento nei consigli di amministrazione dei consorzi agroalimentari;

risulterebbe fondamentale istituire presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e negli enti controllati, servizi di sostegno all’imprenditoria ed al lavoro femminile in agricoltura, a partire da una lettura di genere dei dati di settore;

anche gli incarichi apicali e dirigenziali nel Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e degli enti controllati non presentano una adeguata rappresentanza di genere;

negli anni scorsi il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo aveva costituito l’Osservatorio per l’imprenditoria ed il lavoro femminile in agricoltura (Onilfa). Successivamente il decreto-legge n. 95 del 2012 convertito dalla legge n. 135 del 2012 ha trasferito ai dipartimenti del dicastero le attività svolte da tale Osservatorio, ma ad oggi non è presente presso il Ministero una sezione operativa dedicata appositamente a tali finalità,

impegna il Governo:

a istituire un tavolo di confronto presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al quale possano partecipare i principali attori del comparto, le rappresentanze femminili del mondo agricolo, i rappresentanti degli enti pubblici del settore, compresi gli enti di ricerca, e delle strutture ministeriali competenti al fine di:

a) individuare linee adeguate di intervento, anche in vista della prossima programmazione dei fondi legati all’attuazione della politica agricola comune, che permettano una convergenza di azioni ed interventi finalizzati a rendere maggiormente incisiva la partecipazione delle donne allo sviluppo dell’agroalimentare europeo e italiano, nonché delle aree rurali nel loro complesso;

b) intervenire con apposite iniziative normative per meglio delineare, anche a livello civilistico, il sostegno alla crescita dell’imprenditoria femminile in agricoltura, la tutela del lavoro agricolo femminile e la partecipazione delle donne nell’ambito dell’impresa agricola familiare, in modo da riconoscere un’autonoma soggettività e distintività al lavoro ivi svolto;

c) sostenere, nelle future politiche di sviluppo rurale e strutturali, le linee di intervento dedicate ai servizi nelle aree rurali e volti a favorire la conciliazione fra la sfera familiare e lavorativa delle donne che vivono e/o operano in dette aree (servizi di assistenza e di cura, di mobilità e altro);

d) adottare iniziative normative per prevedere una quota di rappresentanza di genere nell’ambito degli enti pubblici che operano nel settore dell’agricoltura;

e) promuovere studi ed indagini volti ad approfondire potenzialità e limiti della presenza e dell’agire delle donne in agricoltura e nell’ambito rurale, al fine di meglio programmare le scelte politiche;

f) adottare iniziative per l’istituire un apposito ufficio presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo con il compito di accompagnare, monitorare e valutare trasversalmente le politiche e gli interventi che impattano, direttamente o indirettamente, sulle condizioni di vita e di lavoro dell’universo femminile presente nel settore agricolo;

g) istituire una sede partecipata da rappresentanti delle organizzazioni datoriali, sindacali ed associative delle donne impegnate a vario titolo nel mondo agricolo ed agroalimentare al fine di valutare l’impatto di genere delle principali azioni e delle politiche pubbliche del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

Firmatari
Sbrollini, Taricco, Biti, Magorno, Ginetti, Verducci, Pittella, Fedeli, D’Arienzo, Cucca, Rojic, Garavini, Cirinna’, Astorre, Rossomando, Iori, Margiotta


Ne Parlano