Un candidato sindaco ‘giallorosso’, frutto di un’alleanza M5S-Pd in chiave locale, per Palazzo Civico nel 2021? “La questione è archiviata, e questo è un primo passo avanti”, taglia corto Anna Rossomando, 56 anni, vicepresidente del Senato. “Ora bisogna costruire un progetto di città aperto all’apporto e al contributo di tutti – avverte l’esponente del Pd,  dopo l’ultimo documento della direzione metropolitana – un progetto che raccolga un consenso ampio e consenta di allargare il campo della coalizione di centrosinistra”.
Rossomando, che fine ha fatto l’ipotesi di un’alleanza con Appendino per le comunali di Torino 2021?
“Sgombriamo il campo: la questione è archiviata e questo rappresenta un primo passo avanti. Continuare a discuterne stava diventando un esercizio ozioso”.
Ammetterà che nel Pd, anche nella sua stessa area,  ci fosse qualcuno che la ventilasse?
“Il giudizio su Appendino e la sua giunta è già stato espresso dalla città, non serve aggiungere altro”.
Ma il suo giudizio qual è?
“Appendino e la sua giunta hanno peccato soprattutto di assenza di progettualità, questo ha fatto perdere a Torino molte occasioni di sviluppo”.
Una cosa è Appendino, un’altra cosa il M5S con cui il Pd è alleato di governo. Esclude anche un’intesa sul modello che ha portato al Conte bis?
“Io credo che il centrosinistra debba costruire nuove alleanze. La questione è come questo possa avvenire all’interno di un campo più largo”.
Che  cosa intende quando parla di ‘campo largo’?
“Chi ha votati M5S nel 2016 non ha espresso soltanto una protesta, ha scommesso su una promessa di rinnovamento e alla fine ne è rimasto deluso. Ora è urgente dare una risposta a quell’elettorato allargando la coalizione a soggetti esterni  al Pd. Il modello è quello dell’Emilia-Romagna”.
Dalle Sardine in giù… Il collante può essere l’avversario alla destra di Salvini?
“Il nemico non è il M5S ma una destra che esalta la rabbia sociale per ottenere consenso e che si è dimostrata incapace di gestire l’emergenza coronavirus. Senza contare le chiusure sovraniste, tutto il contrario di ciò di cui Torino ha bisogno: una proiezione internazionale che consenta alla città di interloquire direttamente con i partner europei”.
Come pensa di convincere l’elettorato ex 5 Stelle?
“Molti di quelli che quattro anni fa votarono Appendino consideravano centrale il tema dell’ambiente. Ora,  nell’era post-Covid, bisognerà ripartire da una visione innovativa dell’ambientalismo per riprogettare la città e proiettarla su nuovi investimenti”.
Di quali progetti e investimenti parla?
“Chi si candida a guidare Torino – non il singolo ma l’intera squadra –  deve sapere quali leve di sviluppo muovere per rispondere ai bisogni di una città in cui una ampia fetta della popolazione è sempre più esposta alla crisi”.
Il tema sono i soldi…
“Dall’Europa ora arriveranno molte risorse. Per far sì che atterrino a Torino serve un progetto definito”.
E a chi tocca definire il progetto?
“Il progetto deve essere aperto al contributo di tutti, bisognerà dare spazio alle tante competenze su cui questa città può contare. il 2021 deve diventare un’occasione di ricambio per la città. Per il Pd, anche a livello nazionale, sarà una partita strategica”.
Le primarie potrebbero essere lo strumento per allargare il campo: dai Fridays  for future alla sinistra che nel 2016 non appoggiò Fassino?
“La città va prima ascoltata, coinvolta. Le primarie non sono da escludere ma ci sono nodi che la politica deve sciogliere da sé. Altrimenti  diventano soltanto uno strumento per fare la conta dentro il Pd”.
Archiviata l’era Appendino, il centrosinistra potrebbe candidare un’altra donna?
“Torino ha già avuto sindaci donna, Appendino non è la prima. Di certo mi piacerebbe molto,  ma essere donna non può essere solo un’etichetta. Prima occorre una scelta di campo netta. E un progetto per la Torino di domani”.


Ne Parlano