Con 55 miliardi di deficit e 155 di saldo netto da finanziare, oltre ai 258 articoli della bozza, il decreto Rilancio è la più imponente manovra economica dell`Italia negli ultimi decenni. Aggiungendo i 20 miliardi del decreto Cura Italia, sono 4,5 punti di pil. “Eppure”, dice al Foglio il viceministro dell`Economia Antonio Misiani “il senso dell`operazione non è solo nei numeri quanto nell`iniziare a delineare una prospettiva per l`Italia.
Siamo di fronte a un bivio: o cambiamo o ci condanniamo a vivere nella paura del futuro”. Non è solo il tentativo di camminare sul “sunny ride of the street” ma l`obbligo di recuperare posizioni nel resettaggio globale post pandemia.
Prima è bene aver presenti alcune cifre. Il pil è stimato in calo dell`8 per cento quest`anno e in risalita del 4,7 nel 2021: non una ripresa propriamente a V. Il deficit sarà rispettivamente al 10,4 e al 5,7. Il debito al 155,7 e al 152,7. “Un trend di rientro che va accelerato”, dice Misiani. “Dunque serve anche altro”. Molti temono l`aumento delle tasse e la patrimoniale. “Per l`ennesima volta: non ci pensiamo proprio. Al contrario il fisco va riequilibrato”. Il 44 per cento dei contribuenti e metà della popolazione non paga tasse. Il peso di quel debito ricadrà sull`altra metà, sul ceto medio? “L`epidemia ha spazzato via vent`anni di luoghi comuni sulle tasse e lo stato. Tutti hanno capito quanto sia vitale una sanità pubblica universale. Non solo: un sistema scolastico moderno, la ricerca riconosciuta come bene sociale. La pandemia ha sconfitto tutte le teorie contrarie alla scienza e alla competenza, e le relative scorciatoie politiche. In più abbiamo rapidamente messo in pratica cose di cui non parlava nessuno: dallo smart working all`insegnamento digitale. Da tutto questo non si torna indietro, ma come lo si finanzia? Il peso fiscale ha raggiunto il massimo, dunque bisogna redistribuirlo, facendo pagare chi evade e chi inquina e alleggerendo il prelievo sui ceti medi. Mi riferisco al terzo scaglione tra i 28 e i 55 mila euro, su cui oggi pesa un`aliquota marginale di ben il 38 per cento”.
Pagare tutti per pagare meno è la promessa di sempre. “Ora diventa una necessità. La pandemia sta aumentando le diseguaglianze, un fisco più equo serve più che mai. E` del resto una questione mondiale, gli effetti di questa pandemia sono paragonabili ad altri eventi epocali: il New Deal, le ricostruzioni, cambiarono il mondo; cambierà anche stavolta. E` urgente un percorso condiviso tra politica e categorie produttive, non la ripresa di vecchie battaglie ideologiche”. Nel frattempo vanno utilizzati i fondi europei, Mes compreso. “Si pensi a dove eravamo poche settimane fa: vertici comunitari, dalla Bce alla Commissione, balbettanti; governi divisi. C`è stato un gran lavoro, uno sforzo di serietà a tutti i livelli per il quale abbiamo dato un forte contributo”. Del quale si spera non beneficino gli altri. “Se si riferisce al Mes, l`Italia deve valutare con la massima attenzione una linea di credito per la sanità e spese connesse priva di condizionalità e con tassi di gran lunga inferiori a quelli praticati al Tesoro. Quando la attiveranno gli altri, rifiutarla pregiudizialmente sarebbe un puntiglio ideologico senza senso. Ma non c`è solo il Mes. Cento miliardi di fondi Sure per la cassa integrazione, 200 della Bei per investimenti, la sospensione dei vincoli di bilancio e dei criteri di rating per gli acquisti della Bce. Tutto questo in attesa del Recovery fund”. Arriverà? “Certamente. Un mese fa era una mera proposta, dopo l`ultimo Consiglio europeo è diventato necessario e urgente. Non so- no miliardi piovuti dal cielo. Oltre a rientrare dal debito dobbiamo usarli bene, metterli a frutto con le nostre energie. Andando tutti più veloci, possibilmente. Il sistema imprenditoriale non ha torto quando alza la voce sui ritardi nell`erogazione dei prestiti garantiti dallo stato. Una lentezza legata, a dire il vero, all`inefficienza di molte banche più che all`azione del governo”. Il mondo produttivo ha criticato l`ipotesi di un ingresso pubblico nel capitale delle aziende private. Tentazione di statalizzazioni? “In qualche frangia della maggioranza e dell`opposizione. Non nel Pd. Non si tratta di rifare l`Iri per nominare questo o quello; invece in casi limitati e temporanei è utile sostenere e accompagnare settori e aziende per reggere la crisi e ripartire, A Confindustria dico che non ci serve una guerra tra stato e mercato. Lavoriamo insieme sui grandi obiettivi di una nuova politica industriale per lo sviluppo sostenibile, governiamo insieme il nuovo sistema di supporto alle medie e grandi imprese. Potremmo farlo utilizzando, per esempio, uno strumento come il Fondo italiano di investimenti al quale partecipano Cdp, Confindustria, le maggiori banche. Germania e Francia usano bene organismi simili senza alcun problema”. I tre miliardi messi in Alitalia sono largamente sovradimensionati. Servono a rivenderla al meglio, come il piano Obama per l`auto? “Quello è stato un esempio di successo. E` un modello valido anche oggi”.


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