Gli piacerebbe «che Meloni e Schlein andassero assieme, per mano, a festeggiare il 25 aprile», perché lo spirito con cui questa festa fu istituita nel 1946 da De Gasperi questo prevedeva: una pacificazione nazionale tra vincitori e vinti, un riconoscersi gli uni con gli altri in valori comuni. Ma Pier Ferdinando Casini – che proprio il fondatore della Dc andrà oggi a omaggiare in una cerimonia alla Basilica di San Lorenzo al Verano, dove è sepolto – sa bene che oggi un incontro come quello che vorrebbe vedere è impossibile. E se ne preoccupa «molto».
Cosa manca ancora per un 25 aprile di vera pacificazione nazionale?
«Che la politica si rifaccia al vero messaggio con cui De Gasperi, parlando ai partigiani cristiani, accompagnò la sua decisione di istituire la festa della Liberazione: “Voi che avete vissuto gli orrori della
guerra civile, aiutateci a superare lo spirito funesto delle discordie”. E ancora: “Si devono lasciare cadere i risentimenti e l`odio, si deve perdonare”».
C`è ancora, quasi 8o anni dopo, una distanza così marcata tra i partiti?
«Vedo una sorta di involuzione anti-storica da una parte e dall`altra».
Partiamo da destra.
«Ripenso a Fini, che a Fiuggi nel `94, dichiarò testualmente: “E giusto chiedere alla destra italiana di affermare senza reticenze che l`antifascismo fu un momento essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato”. E a Berlusconi, che raggiunse l`apice di una attività politica anche discussa nel suo discorso di Onna, nel 2009: nostro compito – disse – è costruire finalmente un sentimento nazionale unitario, una democrazia pacificata”».
Le sembra che si siano fatti passi indietro rispetto ad allora?
«Vedo una destra che vive nel mito della coerenza. Come se affermare con forza il valore del 25 aprile significasse in qualche modo contaminarsi. Ma io mi chiedo: contaminarsi rispetto a cosa, se tutti gli esponenti della destra oggi al governo, Meloni compresa, erano nei governi di quel Berlusconi, di quel Fini, che il 25 aprile lo avrebbero festeggiato. La coerenza è un valore, ma quasi 80 anni di Repubblica sono serviti a darci una coscienza condivisa».
Intende con i cambiamenti avvenuti?
«Certo. Chi avrebbe immaginato ai tempi di quel discorso di De Gasperi come sarebbe evoluta la politica? La stessa sinistra che dal Pci alleato di Mosca con Togliatti è passata a Berlinguer, all`eurocomunismo, alla svolta della Bolognina… il mondo è completamento cambiato, con tutto il rispetto la storia anche a destra non si può fermare ad Almirante e Michelini…».
Vede segnali di questo tipo in atti come la cancellazione del discorso di Scurati sull`antifascismo in Rai?
«Questi sono proprio atti di infantilismo politico-istituzionale e di autolesionismo, quasi ridicoli. Purtroppo, se è vero che chi guida ed è esposto come Meloni è più avveduto, le retroguardie spesso fanno cose imbarazzanti».
Pensa che a destra ci sia una chiusura a riccio anche perché a sinistra resta un dito puntato contro di loro?
«Penso che a sinistra si commetta un errore esiziale: voler monopolizzare l`antifascismo come valore esclusivo di una parte e non di tutti. Non serve tenere alti gli steccati. Se sono partito da De Gasperi è proprio per dare un riferimento storico vero a quello che furono l`antifascismo e la lotta di Liberazione: patrimonio comune di cattolici, socialisti, liberali, laici, non solo comunisti. Ed ebrei anche, che oggi si vorrebbero cacciare dai cortei».
Si riferisce alla sfilata con la Brigata ebraica?
«Sì, trovo gravissimo che si voglia cancellare un pezzo così alto della nostra storia. Anche io sono molto critico nei confronti del governo Netanyahu, ne contesto molte scelte, difendo l`idea di uno Stato palestinese. Ma questo non significa che non si debba assieme difendere il diritto all`esistenza dello stato ebraico, e non dare libera voce a chi di quello stato e di quella storia è parte. Voler impedire quelle opinioni, tacitarle, è il contrario del senso di una festa come quella del 25 aprile».
Come se ne esce?
«Ispirandosi appunto ai valori fondanti di quella festa, una riconciliazione nazionale. Abbiamo fatto tanta strada, nessuno ha diritto di cancellare una storia condivisa».


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