Le dimissioni di Vasco Errani da presidente della Regione Emilia-Romagna hanno messo in moto molte più cose di quanto in tanti avrebbero potuto immaginare.
La condanna in secondo grado ad un anno di reclusione per falso ideologico in atto pubblico ha infatto aperto la partita per la sua successione. E se da una parte il Pd regionale si avvia a indire primarie per scegliere il prossimo candidato a governatore, dall`altra scoppia il caso della legge con cui emiliani e romagnoli si recheranno alle urne il prossimo autunno. Il partito democratico si è diviso sulla proposta di abolizione del listino del presidente, presentata da FI. Questo a poche ore dall`altra mina scoppiata dopo le dimissioni di Errani: il richiamo di Matteo Renzi a rimettere con forza il garantismo tra i valori del centrosinistra, dopo la sbornia manettara del ventennio berlusconiano. Attorno questa posizione, mentre personalità di rilievo nel partito, come il presidente Matteo Orfini, si dicono d`accordo su tutta la linea, permangono pareri più critici. Tra questi, quello del senatore Felice Casson. Da magistrato aveva indagato, tra le altre cose, su Gladio e su Tangentopoli. Da parlamentare Pd è membro della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari e della Commissione permanente sulla Giustizia.
 Casson, Renzi ha rivendicato il garantismo come un valore da recuperare, partendo dal caso Errani. Lei cosa ne pensa?
Innanzi tutto specifichiamo una cosa che vale sempre al di là del caso Errani. Un conto è quello che dice la legge: c`è l`aspetto processuale, e in questo caso vale la presunzione d`innocenza fino al terzo grado di giudizio, nessuno lo mette in dubbio.
 Però?
Dopodichè, c`è il fattore politico e etico. In questo caso Errani ha fatto una valutazione personale e ha deciso di dimettersi.
Secondo lei ha fatto bene?
Io sono d`accordo con questa scelta.
Ma se Renzi ha sentito la necessità di intervenire sulle dimissioni del presidente dell`Emilia Romagna, vuol dire che la scelta in questione all`interno del Pd non è da darsi per scontata.
Non c`è nessun obbligo di dimissione. Ma io faccio parte di un partito che ha uno statuto che fa riferimento a un codice etico, nel quale c`è scritto che quando si viene condannati in primo grado, o anche solo rinviati a giudizio per reati particolarmente gravi, ad esempio per mafia, è meglio dimettersi.
Eppure dal Pd in molti hanno chiesto ad Errani di ripensarci.
È stata fatta una scelta personale che va rispettata.
Non vede il rischio che queste scelte etiche che il politico di turno e il suo partito di volta in volta devono fare subiscano una pressione eccessiva da parte dell`opinione pubblica e della stampa?
La valutazione politica va fatta di volta in volta, sul caso singolo. Molto spesso l`avviso di garanzia è un atto dovuto, e ha la sola funzione di informare il politico di turno che si sta indagando su di lui. Per cui non è il caso di darvi alcun peso. Altro discorso vale per le sentenze di condanna in primo grado.
L`ex sindaco di Venezia si è dimesso ad indagine in corso. Ha fatto bene?
I casi Orsoni ed Errani ne sono un esempio. In quest`ultimo caso c`è una condanna in secondo grado, mentre nel caso dell`ex sindaco di Venezia neanche una sentenza di primo grado, quindi un quadro di tipo criminale molto diverso. Eppure nonostante ciò la scelta di Orsoni di dimettersi è stata più che condivisa dal partito.
Per quanto riguarda, invece, la richiesta del Movimento 5 stelle di sospendere gli stipendi ai politici arrestati, cosa ne pensa?
Dal punto di vista del contenuto penso sia sensata, solo che la legge non lo consente. Anche le persone che stanno in prigione hanno costituzionalmente diritto ad avere almeno una parte dello stipendio. E io penso che i parlamentari debbano essere trattati come tutti gli altri cittadini. Ma appunto, in ogni caso, andrebbe prima cambiata la legge.