Il neo sindaco di Diamante ed ex segretario regionale del Pd analizza la difficile fase che attraversa il partito in Calabria e indica la strada per archiviare l’attuale esperienza “monocolore” di governo regionale. E svela un retroscena: «Il governatore non mi ha neanche chiamato per gli auguri…»

Il senatore del Pd Ernesto Magorno, appena eletto sindaco di Diamante, fa il punto sulla situazione politica attuale e sulla delicata fa che sta attraversando il partito calabrese. Dalle sue parole si capisce la spaccatura profonda dei democrat che, secondo l’ex segretario regionale, si può superare in un solo modo: un candidato di superamento che archivi l’esperienza Oliverio o “il monocolore oliveriano”, così come la definisce Magorno. E che tra i due non corra buon sangue lo dimostra anche il fatto che il presidente della giunta non abbia neanche fatto gli auguri per la vittoria a Diamante al collega di partito…
Ha deciso di accettare la sfida a Diamante e ha vinto. Cosa vuol dire per lei e per il Pd questa vittoria?
Lei cita il Pd in riferimento alla mia vittoria e devo dire, come dato di cronaca, che la gran parte degli esponenti nazionali e regionali del partito, così come tanti segretari di circolo e militanti mi hanno inviato messaggi di auguri per il mio successo elettorale. La notizia però non deve essere giunta al Presidente Oliverio che ancora non mi ha fatto gli auguri. Tornando alla domanda: io ho deciso di accettare la sfida a seguito di un evento tragico e imponderabile: la morte del candidato a sindaco Ernesto Caselli a pochi giorni dal voto di maggio. Il senso di responsabilità e l’amore per la mia città mi hanno spinto a raccogliere il suo testimone per portare avanti il progetto che insieme avevamo immaginato. Io penso e spero che questa esperienza di governo cittadino abbia tutte le carte in regola per diventare un vero e proprio laboratorio a livello regionale. La mia è una squadra composta da donne e uomini che provengono da esperienze politiche diverse che si sono messe insieme per far esprimere alla loro terra le enormi potenzialità ancora inespresse. Penso che questo progetto possa divenire un modello da esportare e magari da proporre con una lista alle elezioni per il governo regionale, per riavvicinare i cittadini alla buona politica.

Le prime cinque cose da fare nella sua agenda da primo cittadino.

Cominciamo con il dire che nel giro di 24 ore, a tempo di record, ho già nominato la Giunta e che tutta la squadra si sta immediatamente mettendo al lavoro, considerato che siamo al 10 luglio e che per un paese turistico come Diamante non c’è un minuto da perdere. Tutti sanno, poi, come io tenga alla pulizia della città, il nostro biglietto da visita, e già mi sono adoperato in tal senso con azioni mirate e incisive. Sulla vicenda porto, determinante per il nostro futuro, già oggi ho emesso un’ordinanza con la quale chiedo alla società concessionaria di bonificare l’area dei lavori e ho convocato per il 16 la stessa società concessionaria e i rappresentanti della Regione Calabria che è l’ente appaltante dell’opera. Occorrerà poi, rilanciare l’immagine di Diamante: un gioiello del turismo meridionale, che la precedente amministrazione aveva reso, troppo “opaco” in tal senso. Così come bisogna riavvicinare all’Istituzione Comune i cittadini che, negli ultimi tempi, vedevano il palazzo di Città troppo distante dai loro bisogni. Soprattutto, e non da ultimo, bisogna ridare fiducia e opportunità concrete ai nostri giovani, che non devono essere più costretti a lasciare un luogo così ricco di potenzialità. Queste sono solo le prime 5 cose da fare subito : è tanto il lavoro che ci aspetta per ricostruire dalle macerie Diamante e restituirle la centralità che merita.

Andrea Orlando, in occasione della sua ultima visita in Calabria, ha parlato di rinnovamento del Pd con la finalità di costruire una coalizione competitiva. Come si raggiunge l’obiettivo?

Dopo sei anni mi sto reimmergendo nell’ impegno appassionante e colmo di responsabilità di Sindaco e, anche se in realtà sono stato eletto da soli due giorni, sto avendo già la conferma di come la narrazione che la politica fa di se stessa sia distante dai bisogni e dal sentire della gente comune. Il populismo supera ogni mediazione parlando alla “pancia” della gente, ma non risolve i problemi. Un partito come il Pd che ha nella sua storia gli strumenti e le capacità per risolvere i problemi deve partire proprio dalle esperienze civiche, dai modelli che alcuni sindaci hanno saputo creare con una visione concreta ma non priva di riferimenti ideali anche per stemperare l’attuale clima di livore e di intolleranza che sta inquinando il nostro tempo. Il Pd calabrese, in poche parole, deve realmente tornare a parlare con la società calabrese e con la gente. Ogni soluzione fiacca o espediente rivolto a mantenere lo “status quo”, significherebbe la fine del partito stesso.
Il congresso regionale sembra essere stato congelato dai vertici romani. Secondo lei si dovrà celebrare?

Un partito che non discute è un partito debole e un congresso sarebbe un importante momento di democrazia, soprattutto se dal dibattito scaturisse un vero e concreto confronto sul “che fare” sul futuro del Pd e della nostra regione. La palla tocca ai vertici nazionali del partito e se da Roma decideranno per la celebrazione del congresso noi saremmo felici di parteciparvi e di apportare il nostro contributo di proposte e di idee.

Dia una valutazione sui cinque anni di governo Oliverio, considerato che il vice segretario nazionale ha lasciato anche questa traccia da sviluppare.

Con una battuta potrei dire che l’esperienza di governo regionale che si avvia a conclusione è stata un “monocolore oliveriano”. Cerco di spiegarmi meglio: ho già espresso il mio giudizio ed è una valutazione negativa esclusivamente politica. L’azione di Oliverio ha avuto il limite di non coinvolgere l’intero partito ha perso per strada pezzi della maggioranza che lo sosteneva inizialmente, ossia diversi dei consiglieri regionali della sua stessa area. Allo stesso modo il presidente non ha saputo interloquire con le parti più vive e dinamiche della società calabrese. In poche parole il suo è stato un modo di governare arroccato su se stesso, isolato e incapace di aprirsi al territorio, a causa del quale non ha raggiunto molti degli obiettivi che si era prefissato e in cui inizialmente tutti speravamo.

Come scegliere il candidato alle prossime regionali? Le primarie possono essere un metodo?

Le primarie, l’ho sempre detto, fanno parte del Dna del nostro partito, è un nostro “marchio di fabbrica” ma realisticamente, in questo caso, credo non ci sia il tempo per celebrarle adeguatamente e senza combinare pasticci. Per questo ritengo che si debba aprire una discussione, la più ampia possibile, per trovare una candidatura di superamento e che sia autenticamente capace di rappresentare un’area dall’orizzonte più ampio che sappia guardare al civismo, all’associazionismo, alle migliori realtà riformiste e moderate presenti nella nostra regione.

Le indagini in corso su Oliverio sono tenute sotto osservazione a Roma. E Orlando ha difeso i magistrati dopo gli attacchi di alcuni big democrat. Quanto può pesare la discussione “garantista” all’interno del Pd?

Ho detto prima che il mio giudizio su Oliverio è esclusivamente politico e mi auguro che il presidente sappia dimostrare la sua estraneità da quello che gli viene imputato. Sul tema del garantismo, il Pd deve prendere una decisione una volta per tutte: se si è garantisti lo si è sempre e non a fasi alterne o a seconda dei soggetti interessati. Così come ritengo che si debba lasciar lavorare la Magistratura nella massima serenità e nel rispetto dei ruoli costituzionali.

Anche la sanità è stata al centro del recente confronto con i vertici romani. “Non la si usi contro il governo nazionale Pd”, ha ammonito Orlando. Renzi pare continuare ad essere il nemico di molti…

È un vizio calabrese quello di fare indebitamente della sanità uno strumento di scontro politico, mentre si dimentica che è un problema molto serio, che tocca nel vivo tutte le famiglie in ogni angolo della nostra regione. L’ho sempre affermato e l’ho ribadito nel mio intervento in Senato in occasione della discussione sul Decreto Calabria: io sono nemico dei commissariamenti che non sono altro che un modo per usurpare i calabresi della loro facoltà di decidere da soli di un settore vitale come quello della sanità. Questa mia opinione non si sposta di un millimetro dalla linea renziana che ho sempre seguito. Se Renzi è considerato da alcuni “conservatori” un “nemico”, è perché è stato capace di rompere i vecchi schemi di questo partito, frantumando ogni forma di restaurazione.

A Reggio Calabria, in occasione della manifestazione dei sindacati, la prima visita del segretario Zingaretti che ha evitato di parlare di Pd calabrese e di regionali. Come interpreta l’atteggiamento del segretario?

Credo semplicemente che lo abbia fatto per prudenza. Una cautela dettata dalla complessità della situazione calabrese. Questa prudenza però non deve essere sinonimo di restaurazione, ma deve fare al più presto posto ad una fase nuova che veda il nostro partito impegnato a rinnovarsi realmente e a coinvolgere la società calabrese a 360°. Il Pd deve aprirsi ed essere capace di includere e ascoltare quello che hanno da dire i territori, i sindaci e quelle realtà della società civile, del riformismo e del campo moderato, che vengono tenute lontane da posizioni politiche inattuali, anzi stantie, ancora presenti nel partito calabrese. Occorre andare oltre, e io mi impegnerò con forza in questa direzione, perché il perdurare dell’inerzia è l’anticamera di una lunga deriva populista nella nostra regione.


Ne Parlano