I nodi adesso vanno sciolti, “l’importante è decidere”. E, quindi, “abbandonare le cautele” su tutti i dossier aperti. Ne è convinto Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, che parlando con Affaritaliani.it, pungola così l’esecutivo. E’ questa la prova che lo attende. Altro che Regionali: “Il destino della legislatura e del governo Conte non si giocano sui campi di Bari e di Genova”. Proprio sulla questione alleanze nelle Regioni al voto, il senatore dem è tranchant: “Sono dell’idea che a livello locale si scelgano i migliori candidati, con una logica diversa da quella che abbiamo a Roma. Non a caso, è sempre andata così, alleanze omogenee non riuscirono neanche alla Dc”.
Marcucci, archiviati gli Stati Generali, è tutto fermo. Il Pd già prima aveva lamentato un rischio stasi, ora è la profezia che si auto avvera?
Non sono così pessimista, sono consapevole che l’azione di governo, in un contesto così difficile per il Paese, possa essere particolarmente complessa. Certo, sui dossier rimasti aperti, il governo deve abbandonare le cautele rimaste e procedere alla risoluzione dei problemi. Non si può passare da un tavolo ad un altro tavolo.
La proposta Conte sull’Iva non ha persuaso gli alleati, soprattutto il Pd. Qual è il senso di questa uscita del premier? Vuole dare un messaggio psicologico agli italiani?
Io credo che, proprio in nome di quelle difficoltà richiamate sopra, non servano provvedimenti spot. Il Pd ha iniziato ad abbassare strutturalmente le tasse. Tra pochi giorni 16 milioni di lavoratori percepiranno stipendi più alti proprio grazie alla decisiva azione della maggioranza nella legge di Bilancio.
Se sul fronte fisco non si riesce a trovare la quadra, non va meglio sugli altri dossier aperti, da Alitalia ad Autostrade. Come se ne esce?
Mi pare che su Autostrade si vada verso una trattativa con gli attuali gestori per non revocare le concessioni. Questa può essere una soluzione ragionevole, ma – ripeto – l’importante è decidere.
Anche il dl semplificazioni viaggia con ritardo. Non proprio un bel biglietto da visita in vista dell’appuntamento di Bruxelles del 17 e 18 luglio.
Credo sia questione di giorni, il provvedimento potrebbe andare al prossimo Consiglio dei ministri. Le aspettative sul decreto sono giustamente molto alte, abbiamo toccato con mano, durante l’emergenza sanitaria, quante e quali siano le strettoie che frenano il sistema Paese. E’ un problema che non riguarda questa legislatura, ma che attraversa da sempre la nostra storia repubblicana. In vista dei finanziamenti europei, ammodernare la macchina dello Stato è un compito davvero non più rinviabile
Il nodo principale è lo sblocco dei cantieri. Su questo fronte si è creata una insolita sintonia tra una larga parte del M5s e Italia viva. Un secco no alla deregulation arriva dal Pd. Qual è il punto di caduta? Il Pd su questo non accetterà compromessi?
Ci sono risorse che vanno spese e servono a trainare l’economia complessiva del Paese. Il punto di caduta credo sia quello di coinvolgere il più possibile i sindaci, che hanno dimostrato di avere una visione più dettagliata dei loro territori e saputo dimostrare con i fatti maggiore velocità.
Il M5s perde pezzi, ma anche nel Pd non mancano malumori. Gori ha comunque acceso una spia rossa. Se qualche dossier venisse chiuso la navigazione sarebbe più tranquilla sia per i due partiti e sia per il governo. La pressione che Zingaretti esercita sul governo deriva da quella che lui subisce al suo interno?
Non ci sono pressioni interne. Apprezzo le idee e la capacità innovativa del sindaco di Bergamo. Non condivido nel merito le sue ultime riflessioni ma vanno prese come uno stimolo positivo ad agire. Molto diversa, mi pare, la situazione interna del M5s, le cui logiche interne continuano a sfuggirmi.
Torniamo a Zingaretti, secondo lei è a rischio la sua segreteria?
Fino a prova contraria, il Pd è l’unico partito che ha una scadenza fissa per cambiare il proprio segretario: le primarie. E’ una abitudine che io stesso ho contribuito ad alimentare e non cambio idea con un segretario che pure non votai.
In autunno un esito negativo delle Regionali potrebbe causare una deflagrazione dell’esecutivo?
Credo, in controtendenza, che le regionali non avranno un significato politico complessivo: i cittadini voteranno in molti casi per confermare o rimuovere il presidente che ha gestito meglio la recente emergenza sanitaria, e spesso ciò avverrà anche a prescindere dal colore politico delle alleanze.
Proprio in merito alle Regionali, Zingaretti parla di tafazzismo a proposito del mancato accordo sulle candidature. Però in Liguria, più che il M5s, a mettersi di traverso sono stati proprio i dem locali. Non è così?
Preferisco partire dalla mia Regione, la Toscana. E in Toscana abbiamo un candidato esperto, Eugenio Giani, appoggiato convintamente dal Pd e da Italia viva e da un centrosinistra ampio ed inclusivo. C’è una proposta di governo seria ed affidabile sul tavolo, contro il nulla espresso dalla leghista Ceccardi. Sono molto speranzoso sul risultato. Stefano Bonaccini in Emilia ci ha ricordato che il buon governo batte qualsiasi opposizione.
Sempre guardando alla Liguria perché il Pd non ha coinvolto Italia viva?
Ammetto la mia ignoranza, conosco poco le dinamiche che si sono sviluppate in Liguria e come tutti aspetto una scelta, che mi auguro sia di valore e coinvolga la coalizione. Però ammetto anche la mia particolarità: penso che a livello locale si scelgano i migliori candidati, con una logica per forza di cose diversa da quella che abbiamo a Roma. Non a caso, è sempre andata così, alleanze omogenee non riuscirono neanche alla Dc.
Anche la candidatura di Scalfarotto, per esempio, in Puglia si poteva evitare. Perché si è inceppato il dialogo?
Emiliano ha avuto spesso posizioni molto personali e discutibili in questi anni, anche rispetto al Pd, anche rispetto ai governi di centrosinistra. Mi pare, quindi, che in Puglia si giochi una partita locale molto particolare, lontana per l’appunto da qualsiasi logica nazionale. Certo il candidato delle destre, Fitto, non mi sembra un campione del rinnovamento.
Il centrodestra, comunque, alla fine si è ricompattato. C’è qualche possibilità di rimescolare le carte e tentare in extremis di raggiungere qualche intesa proprio in regioni come Puglia e Liguria?
Come le ho detto, se si raggiungono alleanze unitarie ed omogenee, è certamente un bene. Se non succede, credo che in parte sia naturale. Il destino della legislatura e del governo Conte non si giocano comunque sui campi di Bari e di Genova.…


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