Il Senato,

premesso che:
il 20 febbraio 2013, la Commissione europea ha approvato una raccomandazione (2013/112/UE) che all’art. 5 stabilisce: ‘Affrontare il disagio sin dalla prima infanzia costituisce uno strumento importante per intensificare la lotta alla povertà e l’esclusione sociale in generale. La prevenzione si realizza in modo efficace quando si concretizza attraverso strategie integrate che associano misure di supporto all’inserimento professionale e lavorativo dei genitori, un sostegno finanziario adeguato e l’accesso a servizi essenziali per il futuro dei minori, come istruzione prescolare di qualità, l’assistenza sanitaria, servizi nel settore degli alloggi e servizi sociali’;

la capacità dei genitori di investire sul futuro dei figli dipende da molti fattori, tra questi il loro stato occupazionale, di salute, il livello di istruzione raggiunto ed il sostegno nei compiti di cura che la comunità offre loro. La possibilità di disporre di competenze e risorse, non solo economiche, è essenziale, soprattutto nei primi anni di vita del bambino, quando l’offerta educativa e di relazione è decisiva per farne emergere le potenzialità;

secondo un’analisi condotta da Save the children, affiancando i dati su povertà di reddito, di lavoro e indici di deprivazione, creando quello che a livello europeo viene definito l’indice di povertà ed esclusione sociale (AROPE)3, emerge come l’Italia abbia delle percentuali più alte di minori a rischio povertà ed esclusione sociale dell’Unione europea, pari al 28 per cento, dato al di sopra di 6 punti percentuali della media europea ed inferiore soltanto a quella rilevata in alcuni nuovi Stati membri (Bulgaria, – 4 – Romania, Ungheria, Lituania) o in Paesi particolarmente segnati dalla crisi finanziaria come l’Irlanda e la Grecia;

sono più di 1.400.000 i minori che vivono in condizione di povertà assoluta (il 13,8 per cento di tutti i minori del nostro Paese, con un aumento del 34 per cento sul totale) e circa 2.400.000 quelli che vivono in condizione di povertà relativa (il 23 per cento del totale, con un aumento di quasi 300.000 minori in 1 solo anno). I dati più drammatici riguardano il Sud e le isole, ma il peggioramento si registra in tutte le regioni ed è più marcato in relazione al numero dei figli: ad esempio tra le famiglie con 3 o più figli, più di un terzo risulta in condizioni di povertà relativa e più di un quarto in povertà assoluta;

questi dati allarmanti, incidenti sul destino delle nuove generazioni, incrociano le cause e gli effetti della denatalità, una realtà che rende l’Italia penultima in Europa, che frena la ripresa economica e finirà con il determinare un pesante squilibrio generazionale. Secondo il rapporto Svimez 2014, nel 2013, nel Mezzogiorno d’Italia le nascite hanno toccato il minimo storico, 177.000, il numero più basso dal 1861. Questa caduta demografica è strettamente correlata alla crisi economica e occupazionale di un’area del Paese che, tra il 2008 e il 2013 ha visto mancare 800.000 posti di lavoro con un crollo dei redditi pari al 15 per cento;

la marginalità sperimentata, oggi, dai minori privi di opportunità li costringe a retrocedere in una società sempre più competitiva, li priva degli strumenti con cui riscattarsi da una condizione che è perdente in partenza ma, per il principio di uguaglianza, non può né deve rimanere tale lungo il corso della vita. Peraltro, risulta da ricerche internazionali che l’offerta di servizi per la prima infanzia ha un impatto positivo e superiore sulla motivazione dei bambini provenienti da famiglie di basso livello socio-economico. In particolare, il rendimento degli investimenti in istruzione è superiore per i bambini più disagiati. Così come è dimostrato che in Italia, la carenza di servizi alla famiglia, accompagnata da deficit strutturali nei servizi per la prima infanzia (con l’11 per cento siamo ben lontani dagli obiettivi europei del 33 per cento, con disparità enormi tra regioni e regioni), è tra le maggiori determinanti delle basse prestazioni di alunni e studenti in Italia;

è, allora, prioritario adottare politiche che, fin dalla nascita, mettano a disposizione dei genitori una pluralità di servizi che ne migliorino le conoscenze e le competenze, in specie sull’educazione e sulla salute, e realizzino una prossimità reale, anche domiciliare, a chi sperimenta forme di disagio o difficoltà, fin dall’età prescolare dei figli. Il contrasto alla – 5 – povertà deve iscriversi in scelte di bilancio che integrino un progetto multidimensionale, idoneo per un verso a migliorare gli interventi economici di sostegno e per altro, non da meno, ad individuare politiche che agiscano sulla promozione dei diritti e sull’inclusione sociale dei bambini e degli adolescenti;

le condizioni di povertà e di disagio dell’infanzia si rappresentano, infatti, attraverso numerose espressioni e le relative cifre: si pensi, ad esempio, ai numeri dei maltrattamenti, della dispersione scolastica, del lavoro minorile, della pedofilia e della prostituzione minorile, delle pluridipendenze, del disagio psicologico e psichiatrico, dell’abbandono. Queste ed altre sfaccettature indicano che l’infanzia, ben tutelata in astratto, resta ancora sola e bisognosa di un investimento politico che ne assuma la responsabilità;

il dovere di assicurare un livello più alto di benessere ed una maggiore inclusione sociale delle giovani generazioni pone, oggi, la necessità di considerare parte integrante di questo processo anche i figli delle famiglie immigrate che, pur crescendo nel nostro Paese, sperimentano ancora situazioni di esclusione e di discriminazione, scontano una difficoltà maggiore di accesso alle risorse educative e alle fonti di conoscenza complementari a quelle offerte dal sistema scolastico;

a fronte di dati allarmanti sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, si registrano negli ultimi anni sia l’affievolirsi dell’attenzione mediatica sui diversi fenomeni, sia una inadeguata ed inefficace iniziativa politico-istituzionale sulle politiche per i minori, con un ininterrotto definanziamento e un utilizzo dispersivo dei fondi a ciò destinati;
 
è necessario, allora, assumere il passo di una programmazione integrata tra tutti i soggetti istituzionali interessati, preceduta dalla condivisione della conoscenza dei bisogni e seguita, nel tempo, attraverso la verifica dei risultati ottenuti e la validazione o meno delle scelte compiute e da compiere. Una visione propositiva sulle potenzialità di questa programmazione deve indirizzare le misure assistenziali, pur necessarie nell’immediato, all’offerta di servizi, l’unico percorso valido per produrre cambiamenti duraturi e nel contempo promuovere politiche di sviluppo e non di solo costo;
 
una programmazione integrata ed interistituzionale deve occuparsi di tutti gli aspetti della vita del minore (famiglia, tempo libero, sport, salute, istruzione, eccetera), realizzando sinergia tra i diversi interventi, valorizzando l’investimento in quegli ambiti che sono strategici per determinare il cambiamento, per dare più chance di una evoluzione positiva. È quindi doveroso ‘mettere a sistema’ le politiche per l’infanzia e l’adolescenza, superando il limite degli interventi settoriali e disomogenei: a questo riguardo, la modifica del Titolo V della Costituzione ha prodotto un decentramento territoriale delle politiche realizzato fuori da una cornice Comune di garanzia dei diritti, senza la prevista definizione dei livelli essenziali di prestazioni, senza un impegno coerente di risorse e senza il necessario coordinamento che uno specifico tavolo su infanzia ed adolescenza dell’organizzazione della Conferenza Stato-Regioni avrebbe potuto realizzare;

le politiche di sistema sono uno stimolo a valutare e verificare la quantità e la qualità delle risorse investite in favore dell’infanzia ed all’adolescenza, a conoscere e monitorare la realtà dei servizi presenti sul territorio per coinvolgere ogni area del Paese in una azione efficace di promozione,

impegna il Governo a elaborare un ‘Libro bianco sull’infanzia e l’adolescenza’ quale strumento conoscitivo e di messa a sistema delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza, nell’ottica di una programmazione organica, integrata e multidimensionale, finalizzata allo sviluppo e rafforzamento delle politiche e della rete dei servizi per l’infanzia e l’adolescenza.

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