Dario Stefàno, vicepresidente del gruppo Pd al Senato e vicepresidente della Commissione Bilancio, analizza gli scenari economici che si potrebbero determinare nel Paese al termine di un’epidemia che rischia di lasciare strascichi non soltanto dal punto di vista sanitario.
Senatore Stefàno, come giudica i provvedimenti finora presi dal governo per fronteggiare l’emergenza economica?
“Una premessa doverosa; l’Italia si trova dinanzi a una sfida senza precedenti, una situazione inedita con la quale nessun governo si è mai misurato da dopoguerra a oggi. In ogni fase di emergenza, i provvedimenti, pur nella giustezza della loro adozione, dopo poco possono apparire già superati. Detto questo, la gradualità con cui sono state attivate le misure è stata la chiave necessaria per affrontare un fenomeno privo di storicità e che ha lasciato poco spazio alla pianificazione, avendo generato da subito urgenze sanitarie e reazioni differenziate nei diversi contesti regionali. Il ricorso alla decretazione di urgenza ha consentito di mettere in campo iniziative all’altezza della drammaticità del contesto ma attraverso strumenti aperti e miglioramenti successivi. In cosa consisterà e soprattutto a chi si rivolgerà l’annunciato decreto di aprile?
“Il decreto di aprile, attraverso uno stanziamento di almeno altri 25 miliardi, avrà l’obiettivo di rafforzare gli interventi sui soggetti più esposti che soffrono per la sospensione obbligata dell’attività; partite Iva e lavoratori autonomi. L’obiettivo è assicurare liquidità attraverso il Fondo di Garanzia e i canali bancari, chiamati a svolgere un ruolo importante per evitare che siano irrimediabilmente i meccanismi del tessuto imprenditoriale che peraltro, come sappiamo, soprattutto in alcune aree è particolarmente fragile, perchè costituito da piccole e microimprese. L’altra direttrice d’intervento sarà la tutela dei lavoratori attraverso un probabile potenziamento dell’assegno di disoccupazione e il finanziamento ulteriore della cassa integrazione per altri 6 mesi. Naturalmente gli sforzi del governo dovranno, da un lato, tener conto delle sollecitazioni che il tessuto economico ci sta trasferendo confidando anche però su un approccio di responsabilità delle forze di opposizione che devono dare una mano a vincere il virus e le conseguenze economiche dell’epidemia, senza vivere l’ossessione dei like o del consenso strumentale. Dall’altro, serve uno slancio di solidarietà, tempestivo e urgente, di tutti i leader europei, chiamati ad abbandonare gli antichi egoismi per affrontare l’appuntamento con la storia che, oggi impone di superare insieme un’emergenza che non colpisce solo l’Italia. L’Eurobond, solo per fare un esempio, è una risposta fondamentale da dare in questo momento. Il monito del presidente Mattarella va in questa direzione: se non ora quando?”
C’è chi propone di offrire un sostegno mensile a chi aveva attività e non percepisce la cassa integrazione. E’ una strada effettivamente percorribile?
“Sì, oltre alle misure annunciate ieri sera da Conte con il coinvolgimento dei comuni, sono allo studio ulteriori ipotesi che il decreto di aprile renderà operativo allo scopo di sostenere tutti i soggetti esposti agli effetti della pandemia. Si tratta di perseguire un principio di giustizia sociale”.
Il Nord ha pagato il prezzo più alto. Superare la crisi economica sarà comunque più complicato per il Sud?
“Purtroppo sì. Non è mistero di fatto che il Sud sconti una rarefazione dello sviluppo di tessuti produttivi nel suo territorio. Non possiamo lasciare indietro nessuno e lo sforzo sarà quello di provare a farlo attraverso un ragionamento unitario nazionale che, però, tenga in evidenza, per fare un esempio, che nella sola Puglia l’Istat ci indica a rischio almeno 200mila posti di lavoro”.
In che nodo il ‘dopo-emergenza’ inciderà sul settore produttivo nazionale?
“Storicamente ai momenti di grande crisi economica seguono altri di grande ripresa e crescita. Il punto è come ci arriviamo alla fase successiva alla depressione economica, e cioè con quale struttura produttiva, con quale sacrificio. L’impegno , dunque, deve essere di non far saltare un sistema fatto di imprese spesso di piccole dimensioni, per le quali dobbiamo scongiurare la chiusura. E’ anche chiaro che saremo chiamati a rivedere alcuni modelli sociali e produttivi, ma non permetteremo che l’allontanamento del virus coincida con un aumento smisurato della disoccupazione, derivante dalla chiusura definitiva di tante unità produttive. Bene ha fatto Mario Draghi a ricordarci che in periodi di ‘guerra’, com’è questo, non dobbiamo spaventarci a produrre debito per aiutare imprese e famiglie italiane”.


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