“La violenza di genere è una questione sociale e culturale che può e deve essere combattuta sin dai primi episodi: per fare questo è fondamentale investire nelle persone che per prime vengono a contatto con la donna che ha subito violenza e allo stesso tempo è necessario far crescere consapevolezza e conoscenza del fenomeno e delle sue radici sia tra le potenziali vittime che tra gli aggressori. Le aggressioni vanno ‘lette’ e capite, non sono raptus o episodi schizofrenici ma un drammatico fenomeno sociale e culturale, e per farlo c’è bisogno di operatori di pronto soccorso, nei tribunali, negli uffici di polizia giudiziaria e soprattutto nelle scuole che sappiano riconoscere i segnali della violenza di genere. Solo così sarà possibile anche effettuare una preziosa ‘valutazione del rischio’ e solo così si potrà evitare la cosiddetta ‘vittimizzazione secondaria’ , il rischio, cioè, che la donna da vittima si trasformi in presunto colpevole con conseguenze nefaste e drammatiche per lei e per chiunque debba fare la difficile scelta di denunciare”. Lo dice la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul Femminicidio, in occasione del convegno sulla violenza di genere “Io ci sono”, organizzato a Napoli dalla Fondazione Polis. “Dobbiamo iniziare dalle scuole – continua Velente – dall’educazione al rispetto dell’autonomia e della libertà delle donne, educare i ragazzi a gestire i loro sentimenti e ma anche la loro rabbia o il senso di frustrazione per la fine di una relazione. Il controllo del cellulare da parte di un fidanzato in fase adolescenziale, ad esempio, non è normale e non ha nulla a che fare con l’amore. È desiderio di dominio e di possesso e va riconosciuto come tale per essere combattuto”.


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