In merito alle polemiche e alla discussione nata intorno all’iniziativa del governo cinese denominata ‘ Belt and Road Initiative’, il gruppo del Pd al Senato, ha depositato una interrogazione a prima firma Alessandro Alfieri, capogruppo in commissione Esteri, e sottoscritta da tutti i senatori dem, rivolta al Ministro degli Esteri.

L’interrogazione premesso che “alla fine del 2013 il Governo cinese ha lanciato la ‘Belt and Road Initiative’, BRI, un programma di investimenti infrastrutturali che punta a sviluppare la connettività e la collaborazione tra la Cina e almeno altri 70 Paesi localizzati in un’area che rappresenta un terzo del PIL mondiale”, che “secondo diversi analisti, la BRI è un progetto attraverso il quale la Cina sta provando ad assicurarsi influenza sull’economia mondiale per i prossimi decenni, legando a sé moltissimi paesi tramite prestiti, finanziamenti e il controllo diretto di grosse infrastrutture commerciali”, che “prossimamente l’Italia potrebbe sottoscrivere un memorandum di intesa per sostenere la Belt and Road Initiative, come dichiarato al Financial Times dal sottosegretario allo Sviluppo Economico Michele Geraci, spiegando che sono ancora in corso negoziati tra Cina e Italia ma che il documento potrebbe essere firmato già durante la visita in Italia del presidente cinese Xi Jinping a fine marzo” e che “lo scorso 11 marzo, nel corso della conferenza stampa seguita al Consiglio federale della Lega, a Milano, il Vice Presidente del Consiglio Matteo Salvini in merito all’accordo italo- cinese sulla BRI ha sostenuto che «se può aiutare le imprese italiane a investire all’estero siamo disponibili a ragionare con tutti, ma se si tratta di colonizzare l’Italia e le sue imprese da parte di potenze straniere, no”, chiede al Governo “quali siano i reali intendimenti del Governo in merito alla firma del Memorandum di adesione alla ‘Belt and Road Initiative’; quali siano le valutazioni del Governo in merito al progetto EU-Asia connectivity strategy; se siano cambiate le valutazioni del Governo in merito al report sottoscritto dagli ambasciatori europei nell’aprile 2018 e alle criticità evidenziate relativamente alla BRI, e se il Ministro in indirizzo, alla luce dei fatti esposti in premessa, non ritenga doveroso e urgente chiarire quali siano gli indirizzi del Governo in materia di politica economica internazionale.

Di seguito l’interrogazione urgente del Pd

Al Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale

Premesso che:

alla fine del 2013 il Governo cinese ha lanciato la ‘Belt and Road Initiative’, BRI, un programma di investimenti infrastrutturali che punta a sviluppare la connettività e la collaborazione tra la Cina e almeno altri 70 Paesi localizzati in un’area che rappresenta un terzo del PIL mondiale, racchiudendo almeno il 70% della popolazione e con oltre il 75% delle riserve energetiche globali;

l’obiettivo principale della BRI è quello di creare un grande spazio economico eurasiatico integrato, mediante l’apertura di due corridoi infrastrutturali fra Estremo Oriente e continente europeo, uno terrestre, Silk Road Economic Belt, e uno marittimo, Maritime Silk Road. In aggiunta alle due vie, marittima e terrestre, il Governo cinese a gennaio 2018 ha annunciato l’intenzione di realizzare una Via della Seta Polare, che si dovrebbe sviluppare lungo tre rotte attraverso l’Artico: un passaggio a nord-est in Russia, uno centrale e uno a nord-ovest in Canada;

secondo diversi analisti, la BRI è un progetto attraverso il quale la Cina sta provando ad assicurarsi influenza sull’economia mondiale per i prossimi decenni, legando a sé moltissimi paesi tramite prestiti, finanziamenti e il controllo diretto di grosse infrastrutture commerciali. In tal senso, si pensi all’acquisto da parte dell’impresa cinese Cosco del Pireo nel 2016, che con 368,5 milioni di euro ha acquisito il 51 per cento del capitale della Piraeus Port Authority, nonché all’acquisto di diversi asset sovrani come quelli del Venezuela, Sri Lanka, Kenya e Pakistan;

prossimamente l’Italia potrebbe sottoscrivere un memorandum di intesa per sostenere la Belt and Road Initiative, come dichiarato al Financial Times dal sottosegretario allo Sviluppo Economico Michele Geraci, spiegando che sono ancora in corso negoziati tra Cina e Italia ma che il documento potrebbe essere firmato già durante la visita in Italia del presidente cinese Xi Jinping a fine marzo. Già nel settembre 2018 il Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, Luigi Di Maio, durante una visita istituzionale a Chengdu, si era detto pronto a firmare un Memorandum di adesione alla BRI. Tale iniziativa connoterebbe l’Italia come l’unico Paese del G7 e dell’Europa occidentale a siglare un patto ufficiale con Pechino sull’iniziativa;

come riportato da diversi organi di stampa, la scelta del Governo italiano di aderire alla BRI desterebbe notevole preoccupazione presso gli Stati Uniti; secondo quanto fatto trapelare dall’amministrazione statunitense tale scelta minerebbe la collaborazione tra le aziende americane e italiane, nonché l’interoperatività della Nato, mettendo in sostanza a rischio la nostra funzionalità nell’Alleanza Atlantica. A quanto detto si aggiunga che nell’aprile 2018 gli ambasciatori di tutti i paesi UE, ad eccezione dell’Ungheria, hanno firmato un report critico del progetto di Pechino, sottolineandone la mancanza di trasparenza e il fatto che l’iniziativa, al momento, promuova esclusivamente gli interessi commerciali delle aziende cinesi;

il 19 settembre 2018, inoltre, l’Alto Rappresentante degli Affari Esteri europeo, Federica Mogherini, congiuntamente con la Commissione europea, ha presentato la EU-Asia connectivity strategy, il progetto dell’Unione europea per migliorare la connettività infrastrutturale, digitale, energetica e culturale fra i due continenti, nel quale sono riaffermati i principi di trasparenza, libero scambio, sostenibilità e protezione dei diritti alla base delle democrazie occidentali, quali premesse essenziali per la realizzazione di progetti infrastrutturali internazionali;

lo scorso 11 marzo, nel corso della conferenza stampa seguita al Consiglio federale della Lega, a Milano, il Vice Presidente del Consiglio Matteo Salvini in merito all’accordo italo-cinese sulla BRI  ha sostenuto che «se può aiutare le imprese italiane a investire all’estero siamo disponibili a ragionare con tutti, ma se si tratta di colonizzare l’Italia e le sue imprese da parte di potenze straniere, no»; inoltre, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, anch’egli presente alla predetta conferenza stampa, ha chiarito che l’accordo italo-cinese  «non potrà contenere impegni che possano creare interferenze di ordine strategico per il consolidato posizionamento del Paese». Dichiarazioni che evidenziano solo l’ultimo di una lunga serie di episodi di aperta conflittualità all’interno della maggioranza di governo;

si chiede di sapere:

quali siano i reali intendimenti del Governo in merito alla firma del Memorandum di adesione alla ‘Belt and Road Initiative’;

quali siano le valutazioni del Governo in merito al progetto EU-Asia connectivity strategy;

se siano cambiate le valutazioni del Governo in merito al report sottoscritto dagli ambasciatori europei nell’aprile 2018 e alle criticità evidenziate relativamente alla BRI;

se il Ministro in indirizzo, alla luce dei fatti esposti in premessa, non ritenga doveroso e urgente chiarire quali siano gli indirizzi del Governo in materia di politica economica internazionale.

ALFIERI