L’approvazione oggi in Senato della cosiddetta “manovrina” assume un significato politico che va al di là delle pur importanti norme contenute nel provvedimento. Rappresenta infatti un segnale, rivolto sia all’interno del nostro Paese sia sul piano internazionale, che conferma e rafforza il percorso di sostegno alla ripresa economica, consolidamento dei conti pubblici e attenzione ai cittadini più in difficoltà. Non elenco qui le misure previste dal testo, né voglio ritornare sulla nuova normativa relativa al lavoro occasionale, in merito alla quale più volte ho avuto modo di spiegare quanto essa sia distante dai vecchi voucher e si renda necessaria per far emergere il lavoro nero e garantire diritti ai lavoratori.
È comunque evidente che dall’inizio di questa legislatura sia stata impressa una svolta nella politica economica di questo Paese, accentuando i tratti di attenzione sociale e sostenendo gli investimenti necessari ad aiutare sviluppo e occupazione. Il mantra dell’austerity è stato sostituito da un più ampio senso di responsabilità, che tiene conto dei drammatici effetti della crisi economica degli scorsi anni e punta a superarli.
I primi risultati, per quanto non possano mai essere del tutto soddisfacenti, si iniziano a vedere: nei giorni scorsi, Istat e Ocse hanno certificato una ripresa dell’occupazione (sostenuta soprattutto dai più giovani e dagli over 50), mentre Bankitalia e Fmi hanno rivisto al rialzo le stime di crescita, che per quest’anno passano dal +0,8% a un ben più incoraggiante +1,3%.
Non basta, certo, anche perché rimangono – come nota il Fondo monetario internazionale – i rischi legati all’instabilità politica e alla conseguente interruzione del cammino delle riforme, oltre al peso del debito pubblico. Ma quanto realizzato in questi anni e quanto agito in sede politica europea ci hanno fatto guadagnare una maggiore affidabilità a livello internazionale, che ci ha consentito – ad esempio – di ottenere dall’Ue nuovi margini di flessibilità per la prossima legge di bilancio, che siamo chiamati ad approvare in autunno. Un provvedimento che si allontana sempre più dagli scenari lacrime e sangue paventati da qualcuno fino a poche settimane fa e si profila invece come una ulteriore occasione di sostegno alla crescita e di riduzione del rapporto tra debito e Pil.
Ma il profilo che il Governo Gentiloni ha assunto, in continuità con quello Renzi che l’ha preceduto, non si esaurisce nell’impegno in campo economico e finanziario. L’approvazione del disegno di legge delega sulla povertà, in seguito alla quale l’esecutivo si prepara a varare i decreti che introdurranno il “reddito di inclusione”, rappresenta l’ultimo esempio – probabilmente il più organico – di attenzione a chi si trova in condizioni disagiate. Un provvedimento che si somma ai due decreti a sostegno dello sviluppo del Mezzogiorno (uno già convertito in legge, un altro approvato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana) e alle norme a tutela dei risparmiatori che rischiavano di subire gli effetti della crisi di alcuni istituti bancari.
Il ddl Concorrenza, che la Camera si appresta a votare dopo un eccessivo ritardo, consentirà una riduzione di procedimenti burocratici e costi per cittadini e pubblica amministrazione. Oltre a rispondere ad alcune delle sollecitazioni che provengono dall’Unione europea, come già è stato fatto con la riforma del processo penale, del codice penale e dell’ordinamento penitenziario.
Altre misure già approvate o in via di approvazione si rivolgono prioritariamente a soggetti svantaggiati, ampliando i loro diritti e le tutele garantite dallo Stato. Penso alle misure per la sicurezza urbana, piuttosto che a quelle relative all’accoglienza e all’integrazione della migrazione regolare e al contrasto di quella irregolare. Ma anche alla legge sui minori stranieri non accompagnati e a quella sul contrasto al cyberbullismo, che hanno concluso il proprio iter, o a quelle sullo ius soli e sull’introduzione del reato di tortura, la prima già incardinata in seconda lettura nell’Aula del Senato, la seconda in programma alla Camera per questo mese (anch’essa oggetto di raccomandazioni provenienti dalle istituzioni comunitarie), speriamo per la lettura definitiva.
A Palazzo Madama sarà in esame nei prossimi giorni anche il nuovo codice antimafia, che voglio ricordare soprattutto per le misure relative al riutilizzo dei beni e delle aziende confiscate o sequestrate alla criminalità organizzata, simbolo non solo di rinascita e di restituzione alla legalità delle singole imprese, ma anche di ripristino della legalità del mercato, con vantaggio per le imprese sane e la trasformazione della ricchezza mafiosa in ricchezza sociale, a beneficio delle comunità locali.
Quello che mi preme sottolineare, elencando quanto è stato fatto, è l’impronta politica che caratterizza il comportamento dell’esecutivo. Su questa scia, nei prossimi mesi possiamo fare ancora qualcosa di positivo.
Per questo penso che il Pd debba scommettere sul Governo, debba continuare a sostenere convintamente il lavoro in atto, ad incoraggiarlo e rivendicarlo in Parlamento e nel Paese. Penso sia il modo migliore per definire quel profilo identitario e programmatico che potrà contribuire a confermare il Pd come la principale forza riformista attorno alla quale costruire quel nuovo schieramento di centrosinistra, al quale contiamo di affidare nella prossima legislatura la prosecuzione del percorso avviato.


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