Il Parlamento dovrà pronunciarsi la prossima settimana sulle nuove missioni. Nicola Latorre, presidente della Commissione Difesa del Senato, analizza la natura delle nuove missioni.
Quale sarà ora l`iter che porterà all`approvazione del decreto missioni?
«Le Commissioni Difesa ed Esteri del Senato si riuniscono congiuntamente e decidono se andare in aula oppure no per discuterne. Qualora si decida di approdare in aula le Commissioni predispongono una relazione sulla quale poi si dibatte. Qualora si decida di non andare in aula le commissioni adottano una risoluzione. Dato che comunque la Camera ha deciso per un passaggio in aula non è detto che ciò non accada anche per il Senato. Si procederà con due votazioni disgiunte relative alla proroga delle missioni in corso e all`autorizzazione delle nuove».
Perchè l`Italia ha deciso di guardare al Mediterraneo ed in particolare all`Africa con questi nuovi impegni in Libia, Niger e Tunisia?
«Già con il governo Renzi e con l`attività in materia di Esteri di quel periodo ci si era posti il problema di individuare l`Africa e l`area del Mediterraneo come nuovi asset strategici. Sin dall`inizio abbiamo assunto questo come cuore della nostra strategia dipolitica di difesa ed esteri e ci siamo battuti a livello europeo perchè diventasse centrale. La tenacia e il lavoro diplomatico hanno prodotto una assunzione di responsabilità che per noi è diventata cruciale e strategica. Questo non solo con riferimento al governo dei flussi migratori ma in generale perchè la stabilizzazione di quest`area è fondamentale per garantirci sicurezza e un nuovo mercato al quale rivolgerci. Le nuove missioni si collocano nel quadro della valenza strategica dell`Africa per il nostro Paese e per l`Europa».
Si tratta di tre missioni differenti chehanno come comune denominatore quello dell`addestramento. Che caratteristiche avranno?
«Per quanto riguarda la missione in Libia si tratta di una rimodulazione della missione Ippocrate che intensifica ed allarga i confini dell`attività di supporto non soltato rivolte alla guardia costiera libica ma anche alle altre forze di sicurezza. Non comporta un notevole aumento di personale. Si tratta dimeno di cento unità. In Niger opereremo coerentemente con lavalenza strategica che diamo all`Africa e sulla base dell`accordo raggiunto a livello europeo. La nostra presenza è finalizzata alla capacity building. Vogliamo aiutare quel Paese a neutralizzare i rischi di insediamenti di terroristi. Per quanto riguarda la missione in Tunisia si tratta di una missione Nato di supporto per lo sviluppo di capacità interforze delle Forze Armate tunisine».
Quali sono i rischi di queste nuove missioni?
«Si tratta di missioni non combat ma comunque non sono gite turistiche in quanto si svolgono in contesti problematici. C`è un margine ridotto di rischio, ma c`è. Le nostre Forze Armate hanno comunque ampiamente dimostrato di avere le capacità per gestire missioni come queste».
Ritiene che questi nuovi impegni in Africa contribuiranno a ridurre il fenomeno dell`immigrazione illegale?
«Contribuiremo a governare e contenere i flussi migratori. Sarà una delle facce della medaglia. La nostra sarà comunque un`attività di supporto, collaborazione e capacity building nei confronti dei Paesi nei quali opereremo».
Un`intensificazione del nostro impegno in Africa sarà controbilanciata da una riduzione dei nostri contingenti in Iraq ed Afghanistan?
«Il numero dei nostri soldati impegnati all`estero complessivamente non cambierà. Parlerei di una redistribuzione delle forze attraverso una contenuta riduzione del contingente in Iraq. In prospettiva ridurremo anche il contingente in Afghanistan ma non nell`immediato in quanto non è ancora stato esaurito il nostro compito. Si sta lavorando per ridurre la nostra presenza nel momento in cui sul terreno subentreranno altre forze alleate».


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