Al direttore – Mai avuto dubbi. Ho appoggiato il progetto innovativo di Veltroni, ho sostenuto lo sforzo riformatore di Monti e, per le stesse ragioni, ho visto nell`ascesa di Matteo Renzi alla guida del Pd un antidoto all`immobilismo antiriformista del Pd di Bersani. Si può pensare quel che si vuole di Matteo Renzi ma non c`è dubbio che abbia ripreso le idee-chiave della sinistra liberale e che con queste idee abbia sfidato la vecchia “ditta”. Non è un mistero per nessuno che, al contrario di quel che hanno fatto Bill Clinton, Tony Blair
e Gerhard Schiader, rompendo tabù e cinghie di trasmissione (a cominciare dal sindacato), rinunciando alla rendita di consolidati bacini elettorali e mettendo in discussione le vecchie identità, nel Pd l`ala veterostatalista ha preso il sopravvento e ha scelto di usare la crisi finanziaria e politica per tornare alle vecchie certezze sul molo dello stato in economia, sulle modalità di regolamentazione del mercato del lavoro e su parecchie altre cose. Ed è stato proprio Matteo Renzi, in questi anni, a restituire alla sinistra la possibilità di liberarsi, come direbbe Claudio Cerasa, dalle catene del post comunismo. Senza contare che sarebbero bastati gli interventi che ho ascoltato nell`ultima riunione della Direzione (che hanno chiesto a gran voce il ripudio del pareggio di bilancio, invocato più stato in economia, lanciato l`anatema sulle privatizzazioni, ecc.) a dissolvere ogni dubbio eventuale. E, come Biagio De Giovanni, ho preso la tessera del Pd per appoggiare Matteo Renzi e, ovviamente, ho sottoscritto la piattaforma per la sua candidatura.


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