Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, il taglio dei parlamentari è stato votato, la maggioranza ha superato la prova. Non tutti ci credevano.
«Questo voto è il frutto del lavoro di composizione fatto ad agosto sull’accordo politico con M5S e con le altre forze di maggioranza. Noi abbiamo richiesto che il taglio fosse accompagnato da un impegno formalizzato su una serie di situazioni regolamentari e di garanzie costituzionali e su una nuova legge elettorale: così è stato con il documento firmato lunedì dalla maggioranza».
Meno rappresentanti del popolo non significa automaticamente migliori rappresentanti del popolo. Questa riforma è un pegno che il Pd paga all’alleanza di governo con i 5Stelle?
«Non la leggo così. Nella riforma costituzionale che abbiamo portato avanti nella passata legislatura, di fatto prevedevamo un taglio dei parlamentari analogo.
Prevedevamo anche una differente modulazione della potestà legislativa tra le due Camere, detto questo noi non siamo mai stati contrari alla riduzione del numero dei parlamentari. Dobbiamo però far si che questa riforma non crei alcun dubbio sulla capacità dell’istituto parlamentare di rappresentare il territorio e gli italiani tutti, quindi bisognerà rimodulare quello che è necessario con la nuova legge elettorale e bisognerà garantire la funzionalità di Camera e Senato con la revisione dei regolamenti».
Il Pd non corre il rischio di inseguire i grillini nelle loro battaglie anticasta? Luigi Di Maio insiste con il vincolo di mandato.
«Non mi sembra che si corra quel rischio. Sul vincolo di mandato il Pd tutto lo ha detto più volte: su questo punto la Costituzione non deve essere toccata, difendiamo l’indipendenza dei parlamentari. Sul taglio dei parlamentari non abbiamo inseguito, anzi abbiamo ottenuto quello che ci impediva di votare a favore». Nessun rischio di escalation populista con i rosso-gialli?
«Non c’è un’escalation e in ogni caso non siamo disponibili a una rincorsa di questo tipo».
Nuova legge elettorale da presentare entro dicembre: proporzi onale o maggioritario?
«Il Pd partirà da un approccio maggioritario, dopo di che ci dobbiamo confrontare con gli altri partiti di maggioranza e di opposizione. Se la scelta fosse proporzionale, ci sarà una soglia di sbarramento tale che in qualche maniera avrà un effetto maggioritario. Vogliamo soprattutto garantire la rappresentanza: se restasse l’attuale legge, in almeno sei regioni italiane non ci sarebbe la possibilità di avere al Senato una rappresentanza delle opposizioni. Non è un approccio corretto nei confronti di quei territori né rispettoso della nostra Carta costituzionale. Entro dicembre troveremo una soluzione con spirito di responsabilità»
Una soglia di sbarramento sufficientemente alta per garantire une effetto maggioritario è quella del 5%?
«Su questo non ci siamo ancora confrontati però a me il 5 sembra ragionevole».
Secondo lei ci sarà il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari? E, se ci fosse, sarebbe un rischio per questa maggioranza?
«Non credo che ci sarà e in ogni caso non lo reputo un rischio»
La maggioranza esce più forte da questo voto? Il clima tra gli alleati la rassicura? Giuseppe Conte e Matteo Renzi non vanno d’accordo.
«La maggioranza oggi è più forte e le opposizioni sono state obbligate a votare quando hanno capito che la compattezza dei partiti di maggioranza era granitica. C’è la volontà di andare avanti con un governo che duri a lungo e non sono preoccupato dalla dialettica interna. Ognuno di noi deve Imparare a conoscersi meglio. Se prevale, come mi auguro e credo, il senso di responsabilità nei confronti del Paese non c’è niente da temere. Sono in dissenso con la scissione voluta da Renzi e tuttavia Italia viva ha garantito formalmente lealtà nei confronti di governo e maggioranza».


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