Marcucci, per lei si poteva fare di più?

“La prudenza è d’obbligo. Ci sono aspetti molto positivi in questo nuovo dpcm: la ripresa dell’attività produttiva è sostanzialmente a tutto tondo ma prevede un rigido rispetto dei protocolli di sicurezza. Credo che con la stessa logica si potesse procedere anche su altri aspetti rilevanti”.
Come le funzioni religiose?
“Esatto. Da cultore delle libertà individuali, interrompere quella di culto per un periodo così lungo mi preoccupa. Penso allora che la logica dei protocolli rigidi si possa applicare anche alle funzioni religiose, quindi con un rispetto delle distanze, un numero contingentato di fedeli nelle chiese, ma anche nelle sinagoghe e nelle strutture di qualunque altro culto. Tutte le organizzazioni religiose, in particolare la chiesa cattolica, possono contare sul sostegno di volontari in grado di supportare il rispetto delle norme. Si potrebbero studiare spazi diversi, tenere messe all’aperto. Ma vietarle in una fase in cui si torna a circolare mi sembra grave”.
Lei è preoccupato anche per la riapertura a giugno di bar e ristoranti?
“Spostare l’apertura dei bar e dei ristoranti in tutta Italia al mese di giugno vuol dire mettere ancora più pesantemente in crisi un comparto strettamente legato a quello turistico e alberghiero, sul quale credo si debba fare un’azione di rilancio. Bene la prudenza, ma bisogna fare una valutazione complessiva. La mia non vuol essere una critica generica al presidente Conte e al governo, ma spero ci possa essere qualche ipotesi migliorativa rispetto a questo cronoprogramma. Si diano ai ristoratori protocolli molto rigidi, poi starà a loro organizzarsi per rispettarli”.
C’è la possibilità del take away però, in alcune regioni già da oggi.
“E’ un primo passo e una ripartenza utile per riavviare le attività economiche e dare un servizio ai cittadini. Ma ci deve essere un percorso virtuoso a livello nazionale e, dopo una settimana di verifica, riflettere se con le distanze, i protocolli, l’uso di spazi esterni si possa ipotizzare una effettiva riapertura di bar e ristoranti”.
Forse la cautela è dovuta al timore che con un “liberi tutti” la curva dei contagi possa risalire rapidamente?
“Confermo che la priorità assoluta debba essere quella di salvare vite umane e superare l’emergenza sanitaria. Ma ovunque si possa rendere questi aspetti compatibili con lo svolgimento di libertà individuali e attività economiche bisogna farlo. Il punto di equilibrio è salvaguardare la salute pubblica autorizzando però tutto il possibile, anche richiedendo protocolli di sicurezza molto impegnativi. Un confronto su questo va fatto”.
L’ha delusa il fatto che serva ancora l’autocertificazione per muoversi?
“Mi appare un sacrificio sostenibile”.


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