«Mi rifiuto di aderire alla neolingua del ministro del Lavoro. Lasciamo perdere l`espressione “dignità” per battezzare il decreto approvato dal governo. Lo chiamerei piuttosto decreto “svuota-cassetti”: sembra che siano andati a chiedere ai vari burocrati di tirar fuori qualche proposta, rimasta non a caso nei cassetti. È un provvedimento lontanissimo dai problemi del mondo del lavoro». Tommaso Nannicini, senatore Pd, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Renzi, non ci sta a sentir dire che il nuovo decreto “restituisce dignità ai lavoratori”.
Limitare l`uso dei contratti a termine significa ridare dignità a chi lavora?
«Questo governo ha la memoria corta: ha dimenticato le centinaia di migliaia dì cococo e cocopro, di lavoratori parasubordinati, di finte partite Iva degli anni passati, che proprio il Jobs Act ha iniziato a ridurre. Erano tutte forme di lavoro prive di tutele assicurative e previdenziali. Tutele che i contratti a termine, subentrati in buona parte a quei lavori, almeno garantiscono. Quello delle finte collaborazioni era il vero precariato».
Tuttavia, far sì che i contratti a termine siano l`eccezione e quelli stabili la regola, è sempre stato l`obiettivo dei governi a guida Pd. Non è così?
«Certamente. I contratti a termine e in somministrazione dovrebbero rispondere a esigenze temporanee, e gli abusi vanno combattuti. Ma ci sono modi migliori di quelli escogitati dal decreto, i quali aumenteranno solo il contenzioso».
Si riferisce all`obbligo per le aziende di reinserire dopo 12 mesi le causali, le motivazioni dell`uso di quei contratti?
«Sì, negli ultimi anni il contenzioso si è ridotto dell`80%. Ora, con il ritorno delle causali, l`unico lavoro in più lo avranno gli avvocati».
Che propone allora il Pd?
«Finché un datore di lavoro utilizza contratti a termine per poco, niente da dire. Ma se c`è un uso ripetuto di rinnovi e i contratti non vengono stabilizzati, proponiamo una buonuscita peri lavoratori. Se invece avviene la stabilizzazione, bisogna dare all`imprenditore unadecontribuzione permanente».
Tuttavia, gli incentivi 2018 a chi assume i giovani non stanno dando i risultati sperati. E i contratti a termine, unici ad aumentare, diventano in Italia più che altrove vere e proprie trappole.
«Per questo bisogna pensare a incentivare strutturalmente il lavoro stabile, cosa che non fa questo decreto. Se qualcuno pensa che le nuove norme libereranno i giovani dalla trappola dei lavori a termine, sbaglia di grosso».
È vero che questo decreto licenzia di fatto il Jobs Act?
«Non è vero. L`impianto del Jobs Act, basato principalmente sul contratto a tutele crescenti, resta in piedi. Si toccano solo i minimi e i massimi degli indennizzi in caso di licenziamento senza giusta causa. Anzi, Di Maio dovrebbe ringraziare il Jobs Act che gli ha consentito di spingere un tavolo di contrattazione collettiva per i lavoratori delle piattaforme digitali. Per ora solo l`occasione per qualche foto su lnstagram. Se fa sul serio, invece che cancellarlo, il Jobs Act dovrebbe estenderlo: applicando alle piattaforme digitali le norme sulle collaborazioni organizzate dal committente. Il Pd è pronto a discutere le misure per combattere il vero precariato, il dumping salariale, i contratti pirata, l`anarchia dei subappalti. E a proporre il minimo salariale, ignorato dal decreto. Noi facciamo proposte concrete. Il governo, da una parte sforna come primo atto un decreto tra l`inutile e il dannoso, dall`altra continua a fare proclami, tra tasse, pensioni e reddito di cittadinanza, che poi il ministro Tria puntualmente smonta. Un teatrino lontano dai problemi delle persone».


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