“Oggi discutiamo un testo che è frutto del lavoro anche nostro, del lavoro della commissione femminicidio della scorsa legislatura presieduta da Valeria Valente. Un testo che condividiamo e che responsabilmente abbiamo cercato di migliorare alla Camera restando sul merito, impedendo che ci fosse quell’insopportabile ammonimento nei casi di violenza sessuale, come ci chiedevano le associazioni dei centri antiviolenza nelle audizioni. Eppure siamo consapevoli, e lo abbiamo sempre detto, che le riforme non si fanno a costo zero, e qui mancano risorse sulla formazione degli operatori e operatrici. Un aspetto non trascurabile perché seppure l’abbiamo imposto nell’articolato, non ha avuto risposte sul piano dei finanziamenti. Siamo convinti che serva formazione, affinché le norme trovino un terreno capace di applicarle e affinché vi sia una corretta valutazione del rischio, risposte efficaci alle donne che denunciano ed evitare la vittimizzazione secondaria.
Accanto a questo, c’è un tema centrale, lo abbiamo detto e lo ribadiamo: nel paese serve soprattutto un cambiamento culturale e di lavorare sulla prevenzione primaria. Con questo disegno di legge noi interveniamo per migliorare le misure, ma a violenza avvenuta e continuiamo ad agire sul piano penale. Aspetto importante per salvare la vita delle donne ma non basta: abbiamo il dovere di affrontare il tema della cultura patriarcale che produce violenza, perché sono gli uomini che non sanno convivere con la libertà delle donne. Non tutti gli uomini certo, ma sempre gli uomini. Ce lo dicono le statistiche e ce lo confermano i dati oggettivi”. Lo ha dichiarato Cecilia D’Elia, senatrice Pd, vicepresidente della commissione bicamerale femminicidio durante il dibattito in aula intorno al disegno di legge contro la violenza sulle donne e la violenza domestica
“Il femminicidio – ha proseguito D’Elia – non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve dunque un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha scosso le coscienze come non mai aprendo uno squarcio proprio sul dato culturale, a cui nessuna pena esemplare potrà dare risposta se non si affronta ciò che la produce. Ieri nelle scuole italiane sono risuonate le parole di ragazze e ragazzi contro la violenza.
Il messaggio di Elena Cecchetin, sorella di Giulia, ha trovato le parole per dirlo e ha trasformato un dolore privato in una questione politica. Perché la violenza maschile contro le donne, il femminicidio è una questione politica. E se non la trattiamo così, facendola uscire dalla cronaca nera non abbiamo capito nulla.
Noi dunque siamo chiamati come Parlamento a fare norme e credo sia tempo di fare norme chiare sull’educazione all’affettività in ogni ordine e grado di scuola, senza paura di sessualità, affettività, norme per dare forza alle cose che le scuole in parte già fanno. Ma oltre la scuola, la battaglia culturale è e deve essere nella società tutta”.


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