La destra è scesa in piazza ieri, nella giornata in cui gli italiani avrebbero dovuto stringersi insieme e ha riproposto un armamentario populista che non lascia ben sperare. Chi auspica, infatti, la nascita di una destra moderata che possa offrire una valida alternativa nel gioco democratico dell’alternanza, non può che rimanere deluso di fronte a ciò cui ha assistito. Parole indegne contro il Presidente della Repubblica, attacco alla scienza e alle competenze, odio nei confronti delle istituzioni democratiche.

Con l’aggravante di una destra istituzionale che, ben lontana dal cogliere il senso profondo delle parole pronunciate dal Presidente Mattarella sulla necessità di misurare polemiche e distinzioni, prova a fomentare e cavalcare le paure e le sofferenze di questi mesi. Non a caso Zaia ha preso esplicitamente le distanze.
Si nota in maniera plastica la differenza abissale tra la piazza di Codogno che composta, unita e consapevole aspetta il Presidente della Repubblica per celebrare la rinascita dalle ceneri dell’epidemia e quella opposta che nega addirittura la sua esistenza.

Una galassia pericolosa che coinvolge anche politici, giornalisti, associazioni ultraconservatrici, antieuropeisti, a cui la destra parlamentare sta dando un pericoloso agio. L’obiettivo, soprattutto di Salvini, sembra essere quello di dare spazio a queste realtà estremiste per allargare il consenso verso una destra orbanista, illiberale e antieuropea. Una pericolosa regressione minoritaria con cui dovremo fare i conti.

E, in questo senso, la ricerca dei selfie, come unico strumento di esistenza politica, la mascherina abbassata, come segno di insulto e sfregio al governo e agli italiani che rispettano le norme, rappresenta un populismo autoreferenziale che non può ambire a governare le sfide future imposte dal mondo stravolto dal Covid-19.

Si tratta di una “patologia politica”, come l’ha definita Marco Revelli, che ostenta il rifiuto delle regole, che disprezza il cittadino responsabile, che si prende beffa di chi la pensa diversamente. Il Covid-19 ha lasciato emergere in tutta la loro prepotenza queste spinte integraliste. Ciò che preoccupa di più è che la destra che si candida a governare il Paese nei prossimi anni si fondi su questi messaggi radicali che propongono una preoccupante ambiguità sulle loro intenzioni future. L’Italia avrebbe bisogno di una destra liberale e non di una che alimenta il razzismo e una cultura del colpevole.

Perché se si sceglie di cavalcare quella piazza bisogna essere consapevoli dei rischi che si corrono. Il sonno della ragione genera mostri e mette in pericolo la tenuta del sistema democratico. Di questo bisogna che ognuno sia consapevole. Ognuno si dovrà assumere la responsabilità delle scelte che fa oggi. Perché non è compito della politica cancellare o negare gli interrogativi complessi ma dare risposte a quegli interrogativi. Quali prospettive propongono per il futuro del paese? Quali strategie per ripartire e uscire dalla crisi?

Non bastano gli slogan. Per questo la piazza di Salvini e Meloni sembra avere poco a che fare con il domani. L’Italia ha bisogno del coraggio e del senso di comunità degli abitanti di Codogno, ha bisogno dello spirito di sacrificio e di dovere dei medici e degli infermieri e degli operatori che per due mesi hanno combattuto la malattia, ha bisogno degli imprenditori del nord che guardano all’Europa con consapevolezza e fiducia, ha bisogno della calma e del senso dello Stato del Presidente Mattarella, ha bisogno di una classe politica che guardi al futuro come un’opportunità per costruire nuovo benessere e non a un mondo dove deregolare ogni cosa, promuovere condoni e, magari, tornare a stampare la Lira. L’Italia ha bisogno di pace, concordia, unità e di un orizzonte di concretezza. Penso alla forza della ragione contro chi vorrebbe lacerare questo paese con il populismo e la paura.


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