Senatrice Emma Fattorini, DJ Fabo, il giovane rimasto tetraplegico dopo un incidente, è andato a morire in Svizzera in assenza di risposte dallo Stato. Che sensazioni le suscita questa vicenda?
«Dolore e impotenza. Sono casi estremi a cui si deve trovare il modo di consentire libertà di scelta. Ma sono appunto casi estremi, anche numericamente, che non vanno strumentalizzati in nessun senso. La storia tristissima di questo ragazzo non c`entra con l`eutanasia. Se si cede all`onda emotiva, come successe con il caso Englaro, si riapre lo scontro ideologico tra i fautori dell`eutanasia e chi non vuole legiferare in nessun modo. E così, come sempre in Italia, abbiamo la paralisi sui temi bioetici. Da tanti, troppi anni.
Infatti, otto anni dopo la morte di Eluana non esiste ancora una legislazione sul fine vita. Certo, sono casi diversi, ma resta il diritto di ognuno di mettere fine a una vita considerata insopportabile. O no?
«È tempo – anzi, siamo in ritardo di stabilire diritti e confini sul fine vita. Bisogna legiferare sulle Dat, anche se la parola non mi piace (dichiarazioni anticipate di trattamento, ndr) evitando quella contrapposizione ideologica, quel bipolarismo etico così paralizzante. Dobbiamo valorizzare gli elementi buoni del dibattito che si è svolto finora. A fatica ma ci sono stati: nel Comitato nazionale di bioetica e ora nel Cortile dei Gentili (coordinato dal cardinal Ravasi e Giuliano Amato,ndr), luoghi dove si confrontano tutte le posizioni con spirito costruttivo e dialogico».
Quali sono questi elementi buoni?
«Ormai esiste consapevolezza di alcuni principi fondamentali. La difficoltà a legiferare su una materia nella quale il malato può cambiare idea, fino all`ultimo momento. La valorizzazione del triangolo medico-paziente-famiglia ricreando una fiducia che spesso è venuta meno, o una sorta di commissione nei casi estremi. E poi la mediazione del tutore, della famiglia. Ancora: le cure palliative. Negli ultimi anni si è andati molto avanti su quel fronte perfezionando le tecniche per togliere il dolore, che vanno estese e rese più
fruibili. Ma la base di tutto resta la relazione medico-paziente che va umanizzata, non burocratizzata o resa diffidente da paure legali».
D`accordo, ma la legge non c`è. Non è un clamoroso ritardo del Parlamento?
«Sì, ed è gravissimo. Detto questo, la legge non risolve tutto. Non è un alibi per non legiferare ma serve consapevolezza che farlo in modo astratto non sempre aiuta. L`esperienza di altri Paesi ci dice che occorre ascoltare la specificità dei singoli casi».
Vale a dire?
«Sulla base dei principi generali di bioetica, primo tra tutti il rapporto medico e paziente».
A quali condizioni l`eutanasia può essere inserita nel nostro ordinamento?
«Io sono contraria all`eutanasia così come sono contro l`accanimento terapeutico o la sopravvivenza in condizioni estreme come quelle di DJ Fabo. Un conto è l`eutanasia a freddo, la decisione di non voler più vivere, che può veramente aprire ancora di più a una “cultura dello scarto”, che fatta in buona fede per difendere i diritti all`autodeterminazione finisce per mettere a rischio le persone più deboli, povere e indifese. Altro è l`insostenibilità oggettiva delle condizioni di vita».
Come tenerne conto, in concreto?
Con delle forme di verifiche comuni, magari una commissione, senza lasciare solo chi soffre.
In questo spicchio di legislatura c`è margine per approvare la legge sul biotestamento?
Il margine ci sarebbe, ma scontiamo l` incertezza sulla durata del governo: A mio avviso, le leggi sulla bioetica dovrebbero andare avanti. Senza strumentalizzazioni politiche, che su questi temi sarebbero addirittura immorali».
Marco Cappato, che ha accompagnato DJ Fabo a morire, rischia la prigione. È un altro aspetto sui cui si deve intervenire?
«Come ho già detto, credo sia meglio evitare strumentalizzazioni e speculazioni. Non userei il dolore personale in chiave collettiva. Poi, sulle questioni specifiche decideranno i giudici».


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