Cominciò con queste parole: «È abbastanza strano essere qui a porci delle domande alle quali diamo vaghe risposte: perché la vita, perché la morte? Non c`è un perché. In questa galassia, su questa piccola Terra, parliamo dei massimi sistemi nell`indifferenza dell`universo! Forse sarebbe meglio tacere? Il silenzio è ciò che c`è di meno sbagliato. Ma è quella parola, poi, che ci perseguita… e so soltanto che se finisse l`amore non saprei più niente, perderei la bussola. Io non vedo che una specie di religione dell`amore. Se non va la parola religione, dirò non vedo che l`amore. C`è stato dell`amore anche nella protesta del ‘maggio’, era più interessante della violenza. Ho visto dei ragazzi con il volto raggiante perché avevano vissuto una specie di fratellanza. Dove c`era solo l`ideologia, è stato un disastro. Mentre nella società vale, e si sviluppa, il sentimento dell`emulazione, della concorrenza, della competitività, la scuola dovrebbe dedicarsi anche a un`educazione affettiva, che favorisca l`amicizia, la solidarietà. E l`amore, che non va vissuto di nascosto, come un sogno o un abbaglio, perché è la vita». Così concluse quel singolare, sorprendente monologo. Dimenticavo, ma è un dettaglio: Jean Rostand era ateo.

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