All’ex capitano delle SS condannato per l’eccidio delle Fosse Ardeatine è stato negato il funerale in chiesa e la Germania ne ha rifiutato la salma
Erick Priebke, ‘il boia delle Fosse Ardeatine’ esecutore impietoso dell`eccidio di 335 innocenti come risposta all`azione partigiana di via Rasella, scovato in Argentina, condotto in Italia, condannato all`ergastolo, e grazie all`età avanzata vissuto in regime di detenzione domiciliare, è morto a cent`anni. Resta al centro di quello che lui stesso chiamava «il mio caso», congedandosi con un`intervista-testamento in cui dichiara di «non rinnegare il suo passato», di giudicare la Shoah «un`invenzione della propaganda dei vincitori», negando lo sterminio di sei milioni di ebrei.
Alla ferma opposizione del Vaticano che il rito funebre si svolgesse in chiesa, e al rifiuto delle autorità italiane di consentire una ‘celebrazione per strada’, si è aggiunto un dibattito sul diritto a una pietà che avrebbe devastato la dimensione di un dolore epocale e di una protesta che è corsa nel mondo. Un grande salto generazionale ha quasi cancellato l`onta immane del secolo. Vedo dei giovani stupirsi per il gran ‘chiasso’ di quanti, ancora con quel fondale cupo negli occhi, rivedono uno scenario nel quale hanno vissuto un`esistenza strap- pata, bruciata, adesso persino qua e là negata. Occorre dire che ricordare è un dovere civile, etico, e morale, una pedagogia anche paterna che scorre lungo una continuità filiale consegnata alla coscienza e alla storia. È un richiamo, insieme evangelico e laico, a una legge la quale ci fa dire come l`uomo che non sappia da dove viene difficilmente saprà dove andare. Toglierci la memoria, oltretutto, significherebbe non soltanto privarci di parte dell`identità, ma anche offrire alla storia l`alibi di un`innocenza che non ha mai avuto, non ha, ed è bene non abbia neppure domani. A chi non c`era, non sa, o non vuole sapere, cominciando dalla scuola va ripetuto che se davvero per far posto al futuro si dovesse cancellare il passato, saremmo non accolti, ma risucchiati, come tanti sacchi vuoti, dal dopo; cioè in un mondo cresciuto senza di noi.
Eppure il teologo ebreo Eli Weisel dopo aver assistito nel campo di Auschwitz all`impiccagione di due adulti, e di un bambino che prima di morire ebbe un`agonia di mezz`ora, domandò anche per noi: «Dov`è, dunque, Dio?», e fu lui stesso a rispondersi: «Anche Dio è là, appeso a quella forca».

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