‘Francamente non comprendo fino in fondo la questione dello spodestamento del Parlamento, che avverrebbe qualora questa legge costituzionale venisse approvata definitivamente e fosse definitivamente approvato questo percorso in riforma parziale, puntuale, circoscritta, occasionale, dell’articolo 138. A me pare al contrario che, anche rispetto all’idea iniziale annunciata dal Presidente Letta in questa sede durante le dichiarazioni programmatiche in fase di primo voto di fiducia, noi ci troviamo oggi di fronte a un organo squisitamente parlamentare, il Comitato parlamentare, costituito da 42 parlamentari (deputati e senatori), che celebra la potestà del Parlamento nell’affrontare le riforme’. Lo ha detto, nell’aula di Palazzo Madama, Anna Finocchiaro durante la sua relazione sul disegno di legge costituzionale che istituisce il Comitato parlamentare per le riforme. ‘Come ricorderete, l’ipotesi iniziale era quella di una Convenzione, ossia di un organo costituito da laici e parlamentari. Quella opzione, pure così autorevolmente rappresentata dal Presidente Letta, qui è stata abbandonata, e oggi il Comitato – anche questa è una profonda differenza rispetto alla prima prospettazione che pensava che quella Convenzione dovesse agire con i poteri redigenti – in sede referente compie l’attività istruttoria. Le Camere, le Assemblee restano sovrane nell’esame del testo’.. ‘C’è un altro punto che occorre dipanare – ha aggiunto la senatrice del Pd – perché sento ancora ed ho sentito echi nella discussione di qualche equivoco e fraintendimento: la scelta operata è stata quella di dare luogo all’approvazione di singoli testi disciplinanti materie omogenee, e dunque un testo che riguardi probabilmente la riduzione del numero dei parlamentari e il bicameralismo, uno che riguardi la forma di Governo ed uno che riguardi la forma di Stato. Perché? Perché introduciamo, rafforzando l’articolo 138, non depauperandolo, la possibilità di un referendum alla fine del percorso delle riforme anche nel caso in cui l’Aula approvi il testo con la maggioranza dei due terzi. Avremo testi che potranno essere sottoposti a referendum anche nel caso in cui il Parlamento li abbia approvati con la maggioranza del 75 per cento. Perché singoli testi? Per due ragioni essenziali: la prima è che per garantire la piena e compiuta espressione della volontà popolare devono essere testi singoli. Ciascuno di noi ricorda che nel referendum del 2006 venne bocciata una riforma che aveva in sé anche parti condivise, per esempio la riduzione del numero dei parlamentari, proprio perché si trattava di un testo unico e, dunque, il dissenso su una parte di quel testo travolse anche le riforme costituzionali che venivano considerate positivamente da una larghissima maggioranza parlamentare e dei cittadini. Quindi, ripeto, singoli testi per assicurare al cittadino la possibilità di esprimere genuinamente la propria opinione su quel testo’. Ma anche per un’altra ragione: veniamo da 30 anni di fallimenti – ha concluso la Finocchiaro – e quindi suddividere in singoli testi le riforme ci dà la garanzia ulteriore, rispetto alla nostra volontà riformatrice, che se una questione tra le tre che verranno esaminate diventerà questione conflittuale, questa non arresterà il percorso delle altre riforme’.

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