Mettere insieme Papa Francesco e Alessandro Bergonzoni per capire il senso dell’Italia di oggi
Capita tutti i giorni, e a ciascuno di noi, che si realizzino le più sorprendenti associazioni di idee, le più imprevedibili connessioni mentali, le più spiazzanti combinazioni tra messaggi e interpretazioni e tra suggestioni e intuizioni. In alcuni interventi pubblici, Alessandro Bergonzoni, attore di scintillante intelligenza, ha giocato sul fatto che Papa Francesco lo avrebbe ‘copiato’ a proposito del giudizio su un recente avvenimento. Il semplice accostamento tra quei due nomi – Papa Francesco e Alessandro Bergonzoni – ci induce, in una sorta di quieto delirio, a vederli sovrapposti nel trasmettere due pedagogie: quella della pastorale cristiana e quella della rappresentazione teatrale. A sorreggere una così audace integrazione tra due mondi tanto differenti, interviene un singolare scambio di linguaggi e gestualità che finisce con l`apparentare due figure distinte eppure altrettanto intensamente simboliche, quali il pastore e l`attore. Dunque, sulla traccia di quell`ironico ‘copiare’, proviamo a proseguire ín questo percorso di mimetismo e reciprocità. Ciò che unisce più intimamente quelle due pedagogie è, non sembri sorprendente, la dimensione spirituale. Questo è tanto più vero perché nel primo (il pastore) il corpo ha assunto via via un ruolo fondamentale; nel secondo (l`attore) il corpo sembra tutto indirizzarsi verso l`esaltazione del non corporeo: dell`anima, se così si può dire.
Partiamo dalla più recente Esortazione Apostolica ‘Evangelii Gaudium’, per trovarvi immediatamente questo: ‘Dobbiamo essere come chiediamo agli altri’. E`, in primo luogo, una straordinaria indicazione di metodo. I buoni esempi non vanno soltanto indicati, descritti o raccontati (se pure tutto ciò meriti ancora di esser fatto): si deve essere esempi, piuttosto. Il monito è netto e incontrovertibile. Non stupisce, d`altra parte: la pastorale in chiave missionaria esige la presenza, reclama la prima persona, impone la soggettività e pretende l`esperienza. In altre parole, è diventato necessario L`io-esempio. Di conseguenza, anche nei confronti delle figure più virtuose e dei modelli più seducenti e persuasivi, più istruttivi e formativi, si avverte una certa stanchezza. Quei buoni esempi hanno colmato un vuoto, ma quanto più hanno funzionato finora, tanto più oggi sembrano esauriti a causa dell`enorme energia utilizzata. Dunque, è il momento di essere, non di indicare/ seguire, non di predicare/ ascoltare, non di mostrarsi! additare. E` l`ora, appunto, di immedesimarsi. Che non è mimesi o imitazione, e nemmeno è assimilazione. Sì, è proprio immedesimazione, ovvero fare di due cose (io e l`altro) una cosa sola, farsi altro, cioè, identificarsi. Dal canto suo, e per vie impervie e infine parallele, lo dice anche Alessandro Bergonzoni. ‘Voglio diventare’, afferma, non più solo osservare e accettare lo scarto fra me e il dolore. ‘Voglio diventare un barcone, una vergogna, una paura (…) voglio diventare sabbia, voglio diventare un numero di vittime’ – cioè vivere l`esperienza fino in fondo, essere quella esperienza, ìn un processo che somiglia molto alla conversione interiore e quasi-metodologica invocata da Papa Francesco. Il dolore e la miseria, per essere superati, vanno attraversati e patiti, e soltanto dopo possono essere compresi. Perché questo sia possibile, si deve interrompere il circolo vizioso, e moralistico, per cui ad esempio la ferita sociale e politica delle vittime di stato può essere ‘sentita’ unicamente attraverso la voce e il viso di Ilaria Cucchi. O di Lucia Uva o di Patrizia Aldrovandi, o, decenni fa, dí Licia Pinelli e di tutti gli altri. Farsi esempio significa gettarsi nell`esperienza del dolore, saltare oltre la differenza e lo scarto fra noi e le vittime, diventare loro, non come loro, per l`appunto.
Questi ragionamenti invitano a una ulteriore riflessione. La fase di massima fertilità degli esempi corrisponde in qualche modo al precipitare della crisi delle grandi narrazioni. E così diventa naturale che, nel moltiplicarsi delle verità e delle interpretazioni, gli esempi trovino il terreno più propizio per emergere. Perché offrono una norma viva, concreta, che è lì di fronte a noi, e non dobbiamo fare altro che osservarla e imitarla (se crediamo e se ne siamo capaci). Perché, oltretutto, permettono di riconoscere un valore, una passione, una emozione, attraverso quell`individuo esemplare.
Ora siamo probabilmente in una nuova fase. Come suggerisce Bergonzoni, piuttosto che rifugiarci nell`inerzia di chi osserva senza toccare, di chi descrive senza odorare o assaggiare, dobbiamo diventare noi stessi parole: per superare quella distanza fra noi e l`individuo esemplare e tra noi e l`evento esemplare. Diventare parole che diciamo, per non farci semplicemente dire. E` il momento di una identificazione concreta, sensoriale e corporea. Un`esortazione alla vita come è. Ci tocca, tocca a noi.

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