Andavo a incontrare la gente con la Vespa, tre mesi fa ho dovuto accompagnare mia moglie a partorire con l’auto blindata
Onorevole Stefano Esposito, come ci si sente ad essere nel mirino?
 «Nel mirino ci sono da anni, anche se per la verità la situazione si è aggravata negli ultimi tempi. Da otto mesi vivo sotto scorta, da quando è arrivata alla polizia una lettera che annunciava la preparazione di un attentato contro di me. Beh, non è piacevole…».
E le tre molotov davanti alla porta l`hanno sorpresa?
«No perché sono stato tra i primi` a prevedere l`escalation di violenze legata alla protesta No Tav. Non ci voleva molto: bastava leggere i siti e i proclami del movimento e di anarchici e antagonisti che si erano infiltrati nella protesta. Ancor più preoccupante delle molotov è però il biglietto che le accompagnava. C`è scritto che mihanno visto incontrare Massimo Numa, il giornalistaminacciato. Ci siamo visti sotto casa mia, lui mi ha mostrato il video del suo pedinamento. Siamo entrambi sotto scorta. E ciò nonostante ancora pedinati…».
Come ha reagito a quest`ultima minaccia?
 «Approfondendo una riflessione che aveva già fatto tre mesi fa quando è nata mia figlia. Accompagnando mia moglie a partorire su una macchina blindata e poi vedendo gli uomini della mia scorta lì, nel corridoio dell`ospedale, mi sono chiesto: ‘Che vita è questa? Che ho fatto di male per vivere sotto protezione e mettere a rischio anche la mia famiglia?’. Per me la politica è passione. Ero abituato a farla liberamente, girando con laVespa non con la macchina blindata…».
E quindi a che conclusione è giunto?
«A che conclusione si può giungere quando il tuo primo figlio che ha appena sei anni ti chiede perché ti vogliono ammazzare? Un lavoro io ce l`ho, sono un funzionario di prefettura, posso sempre tornare a farlo e lasciare la politica. Senza criticare nessuno, ma se questo è il livello della politica, se devo vivere sotto protezione solo per essere favorevole ad un progetto che credo sia un bene per la collettività, se devo ingoiare insulti e insinuazioni su tangenti che prenderei per favorire l`Alta Velocità allora preferisco lasciar perdere e tornare alla mia vita e al mio lavoro».
Non pensa però che una scelta del genere sarebbe una resa alla violenza?
«Anche questo argomento fa parte della riflessione che devo condividere con lamia famiglia».
Come si è potuti giungere a questo punto in Val di Susa?
«C`è stato l`errore iniziale di tracciare una linea sulla cartina e immaginare una linea ferroviaria senza tener conto di nulla. Poi però c`è stato un cambiamento totale: l`Alta Velocità non c`entra più nulla, la Val Susa è diventata la palestra per opporsi allo stato. Con la compiacenza di intellettuali e addirittura ex magistrati che non hanno mai preso nettamente le distanze dalla violenza. Anzi l`hanno avallata». (m.po.)

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