Francesco Russo, classe 1969, senatore Pd, è uno dei lettiani di più stretta osservanza. Amico del premier uscente da oltre vent`anni, dai tempi della giovanile dei popolari e dell`A rel di Beniamino Andreatta. Risponde al telefono da Palazzo Chigi, al termine di un breve brindisi di Letta con i collaboratori più stretti. «Un brindisi sereno», racconta, la voce un po` rotta dall`emozione.
Senatore Russo, come valuta la decisione della direzione Pd?
«Questa scelta non è figlia delle difficoltà del governo Letta, che erano tutte preventivate alla luce della strana maggioranza. Ma del risultato delle primarie del Pd. È la vittoria di Renzi alle primarie che oggi lo porta a Palazzo Chigi: una scelta legittima, l`errore è non averlo detto dall`inizio. Leggendo le reazioni della base, nelle mail che arrivano e anche sui social network, si ha l`impressione di un passaggio che consegna il Pd agli antichi demoni dei conflitti interni, proprio nel momento in cui il partito poteva vantare le due personalità politiche più autorevoli in Italia. Letta e Renzi potevano essere come Coppie Banali, aiutarsi a tirare il gruppo in una salita ancora lunga. Mi pare incomprensibile perché si sia dovuto sacrificare uno dei due leader a tutto vantaggio di altri spettatori interessati, in primis Berlusconi, che segna un`altra tacca sui leader di centrosinistra che ha visto passare oltre».
Eppure il Pd ha votato chiaramente…
 «Non c`è una motivazione comprensibile. Questo passaggio non è stato preparato, e non è compreso dai nostri elettori. Letta nella sua conferenza stampa ha dimostrato che c`era un programma di governo chiaro e in larga parte già in itinere. Per citare Renzi, l`Italia con questo governo è già uscita dalla palude: Enrico ha navigato nella palude, oggi gli indicatori vedono un segno più sulla crescita, lo spread è sotto controllo, le aste dei titoli di Stato vanno bene. Mi stupisco della poca considerazione di Renzi verso un sentimento diffuso nel Paese: i sondaggi dicono che oltre il 70% degli italiani è contrario a questa staffetta. Non è un caso che la posizione di Civati, che ha votato contro, stia registrando consenso».
Come vi muoverete rispetto al nuovo governo?
«Lavoreremo in assoluta lealtà dal primo minuto».
È possibile un futuro politico di Letta fuori dal Pd?
 «Assolutamente no. La storia politica di Enrico e di tutti noi nasce quando con Romano Prodi e Beniamino Andreatta abbiamo iniziato a sognare il Pd. Letta rimarrà impegnato a fa diventare questa storia ancora più forte e a superare le difficoltà e le incongruenze che pure ci sono. Non esistono altri spazi politici, sono solo maldicenze. Così come l`idea che Enrico potesse chiedere o accettare degli incarichi di consolazione. Non cerca poltrone, né in Italia e neppure in Europa».
È vero che gli sia stato proposto il ministero dell`Economia?
«Letta ha fatto sapere da subito che era un`ipotesi del tutto inesistente».
Il rilancio del governo è stato tardivo?
«È ingeneroso accusare il governo di aver avuto le pile scariche negli ultimi due mesi, o di aver frenato. Quel programma presentato mercoledì era pronto da inizio gennaio: è stato tenuto fermo su esplicita richiesta del Pd perchè prima bisognava fare la legge elettorale. C`è qualcuno che quelle batterie le ha volute scaricare, staccando più volte la spina del caricatore. L`unico foglio excel che mancava al programma era il contributo del Pd. Letta ha avuto il demerito di fidarsi della parola data dal suo partito. Ma non è pentito, questo è il suo stile».
C`è la percezione di una fiducia tradita, anche dal punto di vista umano?
«In politica le relazioni personali passano in secondo piano. Registro che fino a qualche giorno fa si invitata il premier a stare sereno e a lavorare»
Crede che, con la stessa maggioranza, le difficoltà svaniranno?
«Al contrario, resteranno le stesse».
C`è stato un deficit di vitalità e energia nel governo Letta?
«Questo governo non ha saputo raccontare al meglio i segnali di ripresa e di speranza di cui il Paese ha bisogno. L`errore è stato quello di fare prima le cose e poi raccontarle. Una buona prassi, troppo spesso abbiamo visto promesse roboanti e poi non mantenute.
Allude a Berlusconi?
«Non è il solo. Del job act abbiamo solo il titolo dopo settimane…».

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