‘Per cambiare l’Italia, Matteo Renzi dovrà cambiare anche la Rai. E’ il tempo giusto perché ci si ponga il problema di come la si debba governare, sia in riferimento agli organismi sia rispetto alle persone. Non è più pensabile di avere una struttura che dipenda da un consiglio d’amministrazione, un presidente e un direttore generale’. E’ quanto afferma il vice presidente della Commissione di Vigilanza, il senatore Salvatore Margiotta, uomo da sempre vicino a Dario Franceschini, che in un’intervista al Messaggero lancia la sua idea per uscire dalla logica della lottizzazione: quella di ‘creare una fondazione pubblica con componenti al di sopra di ogni sospetto, nominando un amministratore generale che guidi materialmente l’azienda. Certo che – aggiunge il senatore – ci vorrebbe una persona ‘alla Renzi’, ispirato dal criterio guida della riforma, che resta la qualità del prodotto, e convinto che si debba modificare l’attuale modello di governance”. Tempo un anno per trovare il nome più adatto. Secondo Margiotta, l’attuale direttore generale Luigi Gubitosi potrebbe essere l’uomo giusto: ‘il mio giudizio su di lui è positivo, con lui la Rai si sta rimettendo in sesto, dubito che Renzi lo metta in dubbio”. A meno che, nel valzer delle poltrone che si prepara nelle grandi aziende pubbliche, non si faccia anche il suo nome. La stoccata del vice presidente della Commissione va invece ai rappresentanti del Pd nel Cda Rai, Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, rappresentanti di un percorso nuovo voluto da Bersani, ‘che ha guardato a personalità della società civile, svincolati dalle nomine dalla politica, mentre gli altri partiti seguirono un percorso tradizionale’. Cosa ne è conseguito? ‘L’effetto è stato che gli altri agiscono in nome e per conto della politica, mentre i consiglieri in quota Pd, cui toccava dare un contributo di prospettiva, francamente non mi pare che abbiano impresso alcuna spinta innovativa”. Ma la scadenza del cda nel 2015 è tutt’altro che lontana e la legge cui si sta pensando, anticipa il senatore, ‘non può riguardare solamente il servizio pubblico, ma deve puntare a riformare l’azienda in maniera strutturale’. La partita più complessa? ‘Sarà quella che dovrebbe portare a privatizzare alcuni rami dell’azienda, una strada che è già stata indicata dall’Ue, quando ha disposto lo scorporo delle reti.’.

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