Perchè per l’Italia sarebbe un dramma avere un referendum contro l’immigrazione di massa
Aiuto! E se gli immigrati decidessero di darsela a gambe? Partiamo da un dato. Il 9 febbraio scorso la Svizzera ha approvato, con una maggioranza del 50,3 per cento, un referendum contro l`immigrazione ‘di massa’. La proposta prevedeva l`introduzione di quote d`ingresso per i lavoratori immigrati e, tra essi, i frontalieri italiani.
Come risulta da un sondaggio del Corriere della Sera (domenica 16 febbraio), se nel nostro paese si svolgesse un`analoga consultazione, il 34 per centovoterebbe per la limitazione degli ingressi in Italia, mentre il 46 per centosi esprimerebbe in senso opposto. Quest`ultima opinione risulta confermata dal 58 per centodel campione, che dichiara di condividere la posizione critica assunta dall`Unione europea nei confronti del referendum svizzero. Questi due dati lasciano intendere che la maggioranza degli italiani non sarebbe favorevole alla limitazione degli ingressi di stranieri nel proprio territorio, ma la valutazione è – a mio avviso potentemente condizionata dal fatto che, nel caso svizzero da cui muove il sondaggio, le ‘vittime’ sono connazionali: i frontalieri italiani, cioè. Se l`oggetto della politica di contenimento/respingimento presa a modello non fossero gli italiani, è assai probabile che il numero degli ostili all`immigrazione aumenterebbe significativamente. C`è da stupirsi? No. Innanzitutto perché la xenofobia – che non è il razzismo – è pulsione profonda e ‘istintuale’, fatta di insicurezza e ansia, incertezza di sé e della propria sorte. E, poi, perché l`immigrazione resta un buco nero, pressoché sconosciuto e inesplorato: e questo incentiva inquietudini e diffidenze. Dunque, di quel buco nero, nulla, o quasi, sappiamo. Non sappiamo, ad esempio, che in realtà i limiti e le restrizioni sono già tutti presenti in Italia. Tutti messi lì a ostacolare e contenere, selezionare e respingere l`arrivo dei migranti. Basti pensare ai flussi d`ingresso, alle difficoltà burocratiche per il rinnovo dei permessi di soggiorno e alle politiche di restrizione e chiusura. Quello che balza agli occhi è la constatazione della irrazionalità e diseconomicità di tali politiche e le loro mille incongruenze. La prima – come scrive Maurizio Ambrosini (Lavoce.info, 12 luglio 2013) – è • rappresentata dalle contraddizioni tra politica e mercato. Il gran numero di sanatorie e provvedimenti simili adottati nel corso di 25 anni dimostra che ‘centinaia di migliaia di datori di lavoro (famiglie e imprese) avevano bisogno del lavoro degli immigrati, anche non autorizzati, al punto da volerli mettere in regola: più di un milione nell`ultimo decennio’. Espellerli sarebbe stato puro autolesionismo. Una seconda controindicazione è rappresentata dal fatto che 1.300.000 stranieri sono comunitari, e per loro la procedura di espulsione è complessa e lenta e, una volta completata, non costituisce un ostacolo al successivo rientro. Di conseguenza, o si riformano i trattati europei oppure una parte consistente degli immigrati risulta di fatto inespellibile. La terza considerazione è traducibile nelle domande poste ancora da Ambrosini: ‘Quanto siamo disposti a spendere per espellere un maggior numero di immigrati indesiderati? Quanto personale delle forze dell`ordine siamo disposti a distogliere da altri compiti per rimpatriare, in aereo, braccianti moldavi e assistenti domiciliari ecuadoriane?’. Il risultato è che le espulsioni finora attuate sono assai poche, non perché prevalga il ‘buonismo’ (Dio mi perdoni il ricorso, ancorché critico, a questa parola indecente), ma perché molto costose in termini di stanziamenti, personale, mezzi di trasporto e accordi con i paesi di provenienza. Infine, sempre secondo Ambrosini, c`è il problema degli effetti criminogeni di una politica delle espulsioni: ‘Quanta criminalità siamo disposti a fronteggiare allo scopo di limitare l`accoglienza? Non conviene regolarizzare, anziché lasciare che gli immigrati non autorizzati rimangano ai margini della società?’. Parole sante. Quanto detto va inserito in un discorso tuttora rimosso. Nel corso del 2013 gli stranieri arrivati in Italia sono stati 351 mila, 35 mila in meno rispetto all`anno precedente. E, più in generale, dal 2007 al 2012 c`è stato un calo degli arrivi del 33,5 per cento. Al 1° gennaio 2012 si registra la presenza di 4.859.000 stranieri (1`8 per centodell`intera popolazione); rispetto al gennaio del 2011, l`incremento è di 289 mila unità: in termini assoluti una crescita inferiore a quella registrata in precedenza. Insomma, la popolazione straniera continua ad aumentare, ma a un ritmo meno intenso. Un dato che sembra confermato anche dalla ‘sparizione’ di circa 800 mila immigrati, come segnalato dallo scarto tra popolazione residente e popolazione censita nel 2011. La differenza sì deve a molti fattori: forse una parte sì è sottratta alla compilazione dì un modulo, quello del censimento, per più ragioni, e non tutte necessariamente illecite. E tuttavia più fonti considerano l`ipotesi che una quota degli ‘spariti’ sarebbe rientrata in patria, mentre altri si sarebbero indirizzati verso paesi diversi. Insomma, qui tra poco ci toccherà dire: signora mia, non si trova più una badante ucraina a pagarla a peso d`oro, e tantomeno un maggiordomo senegalese (per non parlare dí un bravo piastrellista rumeno).

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