Ma non è l’unico ‘vuoto’ dalla situazione creatasi. C’è un disegno di legge che sanerebbe tutti i guasti
Sono finiti in cella per la Fini-Giovanardi adesso riformulata dalla Consulta Il giudice dell`esecuzione può rideterminare la pena: è un principio di giustizia La sentenza della Corte costituzionale con cui è stata abrogata la legge Fini-Giovanardi ha rimosso un macigno che fin qui ha impedito al nostro Paese di promuovere politiche efficaci di contrasto al traffico internazionale di droghe e di tutela della salute dei consumatori di sostanze stupefacenti. Sotto l`ombrello della «guerra alla droga» è stato impossibile sperimentare politiche innovative e le carceri si sono riempite di consumatori e piccoli spacciatori di sostanze stupefacenti. Occorrerà, quindi, percorrere il sentiero che si è aperto, per consentire all`Italia di raggiungere gli Stati che, in molte parti del mondo, stanno sperimentando politiche post-proibizioniste. Intanto, però, è importante che la sentenza della Corte costituzionale dispieghi tutti i suoi effetti senza che nella pratica ne vengano applicazioni irragionevoli.
Qualche giorno fa il Capo del Dipartimento dell`Amministrazione Penitenziaria ha confermato che il numero di detenuti ristretti per il reato riformulato dalla Corte ammonta a 8.589 definitivi e 4.345 in attesa di giudizio: una parte considerevole di questi è rappresentato «da detenuti che scontano la pena per aver ceduto quantitativi di hashish e marijuana». L`applicazione della sentenza della Corte ai detenuti in attesa di giudizio è relativamente semplice: sulla base dei nuovi parametri, il giudice delle indagini preliminari potrà rivalutare la sussistenza dei presupposti per la custodia cautelare in carcere, mentre il giudice di merito condannerà (se condannerà) sulla base delle nuove pene che distinguono tra ‘droghe leggere’ e ‘droghe pesanti’. Problema più complicato è quello di chi è già stato condannato definitivamente: è mai possibile che continuino a scontare una pena giudicata incostituzionale? E come rimediare? Il codice di procedura penale prevede la possibilità di rivolgersi al «giudice dell`esecuzione» per tutto ciò che riguarda la pena in corso. Si può chiedere al giudice anche di rideterminare la pena giudicata illegittima dalla Consulta? Certamente sì, in base a un elementare principio di giustizia, ma non è detto che così la pensino tutti i giudici dell`esecuzione. Né è detto che tutti i detenuti abbiano le informazioni e l`assistenza legale necessarie per far valere le proprie ragioni. E poi, non si può escludere un diverso metro di giudizio nei singoli casi.
 Ecco, dunque, il primo fondato motivo per cui sarebbe stato necessario un intervento legislativo urgente del Governo. Cui se ne aggiunge un altro. Prima ancora della decisione della Corte costituzionale, il Governo Letta ha giustamente trasformato l`attenuante della «lieve entità» nel possesso di sostanze stupefacenti in un reato autonomo con propri limiti di pena e, soprattutto, di durata massima della custodia cautelare. Ma, delineato nel quadro precedente alla decisione della Corte, il nuovo reato di «lieve entità» non distingue tra «droghe leggere» e «droghe pesanti», producendo in questo modo due vizi di irragionevolezza: è mai possibile trattare allo stesso modo – nel caso della lieve entità – la detenzione di sostanze che negli altri casi sono puniti con pene molto diverse tra di loro (da 8 a 20 anni di carcere nel caso delle droghe pesanti, da due a sei anni nel caso delle droghe leggere)? Ed è mai possibile punire quasi allo stesso modo la detenzione di piccoli odi ingenti quantitativi di droghe leggere (da uno a cinque anni o da due a sei anni)?
Il rischio è che la legge torni alla Corte costituzionale, e questa volta non per un vizio procedurale, ma per una questione di merito, di violazione del principio di uguaglianza sostanziale, e dunque di giusta distinzione tra situazioni diverse. Di queste cose avrebbe dovuto decidere, con urgenza, il Governo. Invece, dopo un tentativo revanchista di ritorno alla normativa abrogata dalla Consulta, è stato varato un decreto-legge che contiene modifiche alle tabelle di classificazione delle droghe che avrebbero potuto essere fatte in via amministrativa. Da qui la decisione di presentare un disegno di legge – firmato da Manconi, Lo Giudice, De Cristofaro – finalizzato a rimediare a quegli inconvenienti e a dare la più ampia ed equanime attuazione alla sentenza della Corte costituzionale. Su suggerimento di Luigi Saraceni (insigne giurista, che ha per primo proposto i motivi di illegittimità della Fini-Giovanardi) si propone che il giudice dell`esecuzione ridetermini le pene sulla base dei nuovi limiti previsti dalla legge e che anche il reato di ‘lieve entità’, distingua tra droghe leggere e droghe pesanti, punendo la detenzione di derivati della cannabis con non più di due anni di carcere.
 Se questo disegno di legge veramente necessario e urgente riuscirà a essere discusso nelle prossime settimane in Senato, l`occasione sarà propizia anche per affrontare la questione della depenalizzazione della coltivazione a uso personale e la cessione di piccoli quantitativi di cannabis destinati al consumo immediato.

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