Se due personalità politiche cosi incomparabilmente diverse come il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, e il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, pronunciano, su una materia cosi importante, parole non troppo dissimili, il fatto merita attenzione.
 Giusi Nicolini, sul Corriere della Sera di ieri ha sottolineato la necessità dell’apertura di un «canale umanitario in Siria» coordinato dall Europa.
 Angelino Alfano lo scorso 16 aprile, ha detto che a far venire in Europa «migliaia e migliaia di disperati è la voglia di libertà». E’ ha precisato che si tratta in larghissima maggioranza di «esseri umani che fuggono dalle guerre, da conflitti etnici e religiosi e hanno dintto alla protezione umanitaria». Attaccato dai leghisti, prima, e da Forza Italia, poi, per i costi dell’operazione Mare Nostrum, Alfano ha risposto cosi «quell’attività ha salvato 19 mila vite umane e noi non baratteremo mai un punto percentuale alle elezioni con 19 mila morti». Per una volta sono d’ accordo con il ministro dell’Interno e, a sostegno di quella posizione, aggiungo un dato.
Il tasso di crescita demografica dell’Africa è molte volte quello italiano e le proiezioni confermano che tra un paio di decenni la popolazione di quel continente supererà di circa un miliardo di individui la popolazione europea. Dunque, non si può ignorare l’esistenza di imponenti flussi provenienti dall’Africa e non si può impedire tantomeno con le motovedette e con i muri lungo i confini – che parte di essi si indirizzino verso l’Europa. La sola strategia intelligente e razionale e quella che parte da una presa d’atto: i movimenti da un continente all’ altro e da un territorio all’altro sono in corso da sempre e sono destinati a continuare. Dunque, più che ostacolati, quei movimenti vanno gestiti e governati. Non è un compito che spetta solo all’Italia ovviamente ma dev’essere un progetto europeo m cui viene riconosciuto il ruolo cruciale che si trovano a svolgere il nostro e gli altri Paesi dell’Europa mediterranea e ciò vale soprattinto quando si prende in considerazione quella componente dell immigrazione che raggiunge l’Italia via mare. II nostro Paese ha circa 7500 km di costa e rappresenta il primo punto di approdo per chi proviene dall’Africa. Ma non solo. Oltre a quanti arrivano sui barconi, molti giungono attraverso percorsi altrettanto pericolosi nascosti sotto i camion che si imbarcano in Grecia e m Turchia, approdano nei principali porti italiani, come Venezia e Ancona. Anche qui seppure in percentuale inferiore, arrivano persone provenienti dalla Siria, dall’Eritrea e dalla Somalia. Finora  l’Italia non si e dimostrata in grado di gestire autonomamente questo fenomeno ed ecco perche è necessario e urgente che l’intera materia sia condivisa dall’Unione europea nel suo complesso. Più precisamente, è possibile elaborate un vero e proprio piano di «ammissione umanitaria», attraverso l’istituzione di presidi dell’ Unione europea nei Paesi di partenza e di transito per accogliere le richieste di asilo e di protezione umanitaria. E’ un idea indubbiamente ardua da realizzare, ma la sola capace di ridurre le cifre crudeli della tragica contabilità dei morti nel Mediterraneo. Negli ultimi vent’anni, infatti, ogni giorno hanno perso la vita mediamente 6-7 fuggiaschi che cercavano di raggiungre il continente europeo. Sono stime per difet. to fatte da organizzazioni internazionali e associazioni per i diritti umani, da cui si deve partire per la pianificazione di politiche drasticamente diverse. L’ avvio del semestre europeo a guida italiana può consentire di operare e attraverso un’intesa più strerta – e e da augurarselo con tutti i Paesi del continente. E’ il primo passo dovrebbe essere l’attuazione di un piano basato su un fondamentale dispositivo; se il principale attentato all’incolumità dei richiedenti asilo è rappresentato da quei viaggi illegali nel Mediterraneo, dobbiamo fare in modo che quel tragitto possa realizzarsi in condizioni di sicurezza.
Si deve puntare all’anticipazione delle procedure di richiesta e consentire a uomini donne e bambini che cercano un’opportunità di vita nel nostro continente, di chiedere all’ Italia e alle altre nazioni europee una forma di protezione già nei Paesi dove si concentrano i flussi. Si tratta di anticipare geograficamente il momento della formulazione della domanda di tutela e di ricorrere a un piano di i insediamento – come già si fa per i profughi siriani – e di concessione della protezione. Tutto ciò deve essere fatto per evitare quella maledetta traversata e quindi nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo Tunisia, Egitto, Giordania, Libano, Algeria, Marocco e, se ve ne sono le condizioni, Libia. Tale procedura si dovrebbe attuare con il comvolgimento della rete delle ambasciate e dei consolati degli Stati Membri, oltre che con le organizzazioni internazionali. Una volta riconosciuta la sussistenza delle condizioni per la protezione, l’Unione europea definirà le quote di accoglienza per ciascuno Stato membro. Un viaggio sicuro, dunque dal presidio internazionale al Paese di destinazione, quest’ultimo individuato anche considerando l’eventuale presenza di familiari. E’ un progetto difficilissimo da realizzate ma, a ben vedere, ha più probabilità di riuscita di quante ne abbia la cupa utopia dell’ Europa fortezza.

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