‘Non partecipo al voto perché non intendo condividere, almeno in questa prima lettura, una riforma costituzionale che ritengo sbagliata per quattro ragioni principali. La prima ragione è costituita dai tempi. La priorità del governo avrebbe dovuto essere l’economia. La notizia di questi giorni non è il Senato che approva questa legge ma l’Italia in recessione’. Lo scrive oggi sul suo blog Massimo Mucchetti, parlando del percorso delle riforme costituzionali che si conclude oggi in prima lettura a palazzo Madama. ‘Il Financial Times – continua Mucchetti – scrive che i numeri decretano la fine della luna di miele del governo. Conferma quanto dicevamo da tempo. La politica economica non può ridursi agli 80 euro che sono un trasferimento fiscale da alcuni soggetti ad altri. Sul piano sociale, un atto di giustizia, sia pure incompiuto perché molti, a cominciare dagli in capienti, ne sono esclusi. Sul piano logico, sono l’equivalente delle trovate berlusconiane sull’Ici. Temo che un tale abbaglio dipenda non solo da una strategia politica consapevole, ma anche dal fatto che nella materia politica l’attuale leadership si sente forte mentre avverte il proprio deficit professionale e d’esperienza in economia’. Aggiunge il senatore del Pd: ‘La seconda ragione deriva dal contenuto della riforma. Le modifiche del titolo V costituiscono un passo avanti. Ne voglio dare atto. La riforma delle istituzioni politiche, invece, non mi convince. Il bicameralismo perfetto è certo superato dalla storia, ma l’emergenza vera è data dall’incapacità del governo di governare, e cioè di dare seguito esecutivo alle decisioni. Non è un problema del governo Renzi in particolare. Le centinaia di provvedimenti ancora privi dei decreti e dei regolamenti d’attuazione hanno più di un padre. Ma questo e’ il problema reale ove si consideri che le leggi che fanno la navetta tra le due camere è assai modesto. Ma anche volendo superare il bicameralismo perfetto, e io lo voglio, non vedo un senso positivo e utile nel disegnare un Senato di serie B che avrà competenze confuse e che, già al suo atto di nascita, dà al Paese un messaggio triste conservando l’immunità parlamentare, sia pure nella versione ridotta che c’è, a consiglieri regionali e sindaci che avranno la ventura di avere un secondo lavoro a palazzo Madama’. ‘La terza ragione è politica. La discussione in aula è stata di bassa qualità, nel suo complesso. Le responsabilità vanno divise tra le opposizioni che hanno scelto la via dell’ostruzionismo e la maggioranza ufficiale che non ha mostrato alcuna seria apertura al dialogo. In Commissione il dibattito e’ stato condizionato dalla scelta di espellere coloro i quali, nella maggioranza, non erano in linea, espulsione avvenuta su indicazione del capo del governo. Parlo di maggioranza ufficiale perché alla prova del voto segreto l’aula ha manifestato un dissenso sostanziale verso le scelte del governo’. ‘Personalmente – aggiunge ancora il presidente della commissione Industria del Senato – mi sono sempre assunto le mie responsabilità a viso aperto. Dunque ho i titoli per dire che non ha senso crocifiggere chi non ha avuto il coraggio di esporsi per timore di pagare pegno verso i capi del proprio partito. Beato quel Paese che non ha bisogno di eroi, diceva Brecht. D’altra parte, in un sistema dominato da partiti carismatici dirsi d’accordo con il capo certo deriva da intima convinzione ma non si può negare che possa avere anche le sue convenienze. E il Pd è un partito che non ha i titoli per alzare la voce in materia. I 101 non erano mica tutti dalemiani. Ricordo ancora lo stupore che mi colse nel leggere di Renzi che dichiarava decaduta la candidatura di Prodi al Quirinale a soli 7 minuti dal voto dei 101, senza nemmeno dare al candidato l’opportunità di ritirare la candidatura. Morale, questa riforma piace poco. C’è un problema politico di costruzione di un consenso realmente vasto che il Senato e il Governo non hanno saputo risolvere. Faccio i miei auguri alla Camera dei Deputati’. ‘La quarta ragione è istituzionale. Ho dato prova ripetuta e concreta del rispetto che nutro per la presidenza del Senato. Ma in questa sede non posso non rilevare che il combinato disposto del contingentamento dei tempi, dell’adozione arbitraria del canguro e dell’uso, anch’esso arbitrario, del criterio della prevalenza nell’attribuire il voto segreto agli emendamenti ha pesantemente condizionato l’esito dei nostri lavori. Abbiamo così favorito la marcia della maggioranza. Il fatto che questa maggioranza sia la mia non mi consola, anzi mi preoccupa ancora di più. La Costituzione non può diventare una legge a’ la carte. I padri costituenti l’avevano voluta rigida per dare continuità. Abbiamo rotto il tabù, presi dalla foga di vincere la partita di un giorno e di rispettare infine una data, quella di oggi. E’ stato un errore. Che reputo così grave da non consentirmi di partecipare al voto su questo disegno di legge’. Così conclude Massimo Mucchetti.