L`intensificarsi degli sbarchi di immigrati sulle nostre coste e le tragedie che si stanno consumando nel Mediterraneo richiamano l`attenzione dell`opinione pubblica sul traffico di esseri umani, pur sovrapponendo – talvolta in maniera distorta e strumentale – protezione internazionale, favoreggiamento dell`immigrazione illegale e tratta. Si moltiplicano le richieste di intervento sul fronte della repressione e, negli ambienti più illuminati, della prevenzione negli stessi paesi di origine e di transito.
Eppure, il sistema nazionale antitratta – modello di riferimento europeo per la protezione e l`accoglienza delle vittime di tale odioso crimine – rischia di essere smantellato, sia per la progressiva sottrazione di risorse economiche causata dalla crisi, sia per la mancanza di un concreto investimento da parte del governo. Infatti, nonostante il recepimento delle direttive europee da parte del parlamento, l`esecutivo non ha ancora approvato il nuovo Piano nazionale antitratta. L`intero sistema di interventi e servizi locali viene quindi messo in discussione, per l`assenza di regia a livello centrale.
L`efficace collaborazione tra istituzioni (Dipartimento delle pari opportunità, enti locali e forze dell`ordine, in primis) e organismi del terzo settore rischia di dissolversi. Sarebbe un delitto, perché nel corso degli anni l`Italia ha sviluppato un sistema di contrasto alla tratta di assoluta eccellenza, spesso imitato da altri paesi, sperimentando e consolidando un corpus di metodologie di intervento, know how e competenze professionali. Un sistema che attraverso i suoi programmi di assistenza a breve termine (art. 13 della 1. 228/2003) e a lungo termine (art. 18 del d.lgs. 286/98), con costi bassissimi, dal 2000 a oggi ha sottratto alla tratta sessuale, lavorativa, per accattonaggio e inserimento coatto in altre attività illegali, circa 30.000 persone, fornendo loro accoglienza protetta, assistenza psicologica e legale, formazione, tutela sanitaria e opportunità concrete di ‘ripartenza’, attraverso programmi individualizzati di reinserimento sociale e lavorativo.
Risultati che vanno declinati anche in termini di contrasto alle attività criminali, vuoi perché una percentuale ampia delle persone fuggite ha trovato la forza di denunciare i trafficanti, vuoi perché secondo la Direzione nazionale antimafia, ogni persona uscita dalla tratta corrisponde alla sottrazione di una cifra tra i 40 e i 50.000 euro all`anno alle organizzazioni criminali.
 Il primo rapporto sull`Italia del Greta (meccanismo di monitoraggio del Consiglio d`Europa), appena pubblicato, mette in luce con precisione le criticità che sta vivendo il sistema. Nel nostro paese mancano adeguati meccanismi di identificazione delle vittime (soprattutto per quanto concerne il vasto settore del grave sfruttamento lavorativo) e le autorità italiane dovrebbero «adottare con urgenza un piano d`azione nazionale che definisca priorità, obiettivi, attività concrete e responsabili per la loro attuazione».
Il Piano nazionale antitratta va approvato immediatamente, finanziandolo in modo adeguato e strutturando i finanziamenti su una programmazione almeno triennale. Altrimenti, a partire dal primo gennaio 2015 tutto si fermerà. Va anche individuato un referente all`interno del governo (non essendo stata assegnata la delega alle Pari opportunità), garantendo una positiva e continuativa interlocuzione con gli enti pubblici e i soggetti della cittadinanza attiva operanti nel settore.

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