Pochi sanno che all`inizio di ogni giudizio civile la legge obbligherebbe il giudice a fissare e comunicare alle parti l`intero Calendario del processo, con data, orario e durata di ciascuna udienza, fino alla discussione finale. Ricerca teorica e osservazioni empiriche mostrano che se questa regola (articolo 81-bis disp. att.) venisse applicata, e se la programmazione rispettasse il principio di concentrazione e trattazione delle cause in modo sequenziale (first in, first out, per categoria di giudizio), si potrebbe ridurre e forse anche dimezzare la durata media dei procedimenti, a parità di carico di lavoro per i magistrati. Senonché questo non accade quasi mai, perché i magistrati non hanno lo strumento informatico indispensabile per farlo.
Ora, immaginiamo che al ministro della Giustizia italiano, alle prese con l`amministrazione giudiziaria più lenta del mondo, un giorno venga offerto questo strumento: un`agenda elettronica intelligente e personalizzabile, che consente al giudice di fissare l`intero calendario di ciascun processo fin dall`inizio, secondo un ordine logico che tiene conto delle diverse categorie di giudizi, e gli consente di operare facilmente gli aggiustamenti necessari strada facendo.
Immaginiamo, poi, che alcuni giudici stiano sperimentando questa agenda da tre anni e ne siano entusiasti; e che anche il giudizio degli esperti del ministero sulla funzionalità dell`applicazione sia, senza riserve, positivo. Immaginiamo infine che i suoi ideatori la offrano al governo gratis, con la sola richiesta che essa sia messa a disposizione dei magistrati interessati ad avvalersene. Non sarebbe questa un`occasione imperdibile per provare ad avviare a guarigione una delle piaghe più gravi del nostro Paese?
Questo strumento che consente la fissazione e gestione del Calendario del processo esiste davvero: si chiama A-Lex. Da due anni, però, il ministero della Giustizia, pur investito della questione ai massimi livelli, sta tergiversando: manifesta apprezzamento a parole ma rinvia di mese in mese l`accettazione di quanto gli viene offerto e l`ampliamento della sperimentazione. Ne comprenderemmo le ragioni se il ministero rispondesse: «È troppo caro, non possiamo acquistarlo»; ma l`offerta è gratuita. Oppure se rispondesse: «I magistrati dispongono già di un`agenda elettronica che consente di fare il Calendario del processo»; ma i nostri giudici non ne dispongono affatto: quasi tutti usano soltanto agende cartacee, oppure ricorrono alle agende (non intelligenti) offerte da Google o da Microsoft Outlook. Cosa che rende sorprendente l`unica obiezione esplicitata dal ministero riguardo ad A-Lex, ossia il rischio di violazioni della «privacy».
Ma le agende di Google o di Microsoft Outlook che i giudici sono costretti a usare sono assai meno protette e più a rischio di intrusione di quanto sia un`applicazione come A-Lex, impostata secondo gli standard migliori per la sicurezza informatica, inserita all`interno del sistema informatico dell`amministrazione.
Temiamo che il vero motivo del rifiuto sia un altro: in seno al ministero potrebbe esserci qualche dirigente preoccupato dal confronto di quanto si è  fatto e speso fin qui per l`attrezzatura informatica degli uffici giudiziari con quanto un gruppo di cittadini volenterosi sono riusciti a realizzare in collaborazione con un piccolo ma efficientissimo produttore di software, con un costo di soli 300.000 euro raccolti dalla Fondazione Giuseppe Pera grazie al contributo e al sostegno di una Fondazione bancaria lucchese, quattro grandi associazioni imprenditoriali e alcune persone che non chiedono niente in cambio.
Ma questa non è, evidentemente, una buona ragione per rifiutare di proseguire ed estendere la sperimentazione di una applicazione che potrebbe contribuire a guarire la malattia più grave della Giustizia italiana. Ministro Orlando, se ritiene di rifiutare la donazione, le chiediamo di spiegarne le ragioni all`opinione pubblica.


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