“La parità di genere non c’entra con il politically correct. È riconoscere la realtà. Chi non lo fa è miope. Ho un disegno di legge depositato all’inizio della legislatura e firmato da tutti ma non si riesce a metterlo all’ordine del giorno e a incardinarlo in prima commissione, dice che dobbiamo avere un osservatorio, che ogni politica che si decide di fare deve avere ex-ante la verifica di impatto su donne e uomini. Sul lavoro, ad esempio, se si vogliono superare le discriminazioni sulle giovani donne, è necessario sapere quando si prende un provvedimento qual è il suo impatto su uomini e donne”.
Lo dichiara la Vice Presidente del Senato Valeria Fedeli in un’intervista pubblicata oggi da tribunapoliticaweb.it sui temi della parità di genere e dei linguaggi discriminatori.
“Bisogna nominare uomini e donne – ha aggiunto Valeria Fedeli rispondendo alle domande del Direttore Dario Tiengo – questo vale per le pensioni e per tutti gli altri temi. Ma se nel linguaggio, nella cultura e nella procedura corrente tu usi solo il genere linguistico scientemente neutro, che in realtà è maschile, non sei ‘attrezzato’ nemmeno sulle tue scelte politiche, che hanno ricadute differenti su donne e uomini. Utilizzare il linguaggio in modo non neutro è corretto, la lingua italiana ci aiuta in questo. Si dice operaia e operaio ma appena sali nelle gerarchie diventa tutto maschile; vuol dire che c’è un connotato di potere e di dominio che è una negazione della possibilità anche per le donne di ricoprire i ruoli importanti”.


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