DONNA di sport, quella che di Olimpiadi ne ha fatte più di tutte: otto con cinque medaglie, tra cui l`oro a Sydney 2000. Madre di due figli, moglie dell`allenatore Guglielmo Guerrini, senatrice (del Pd). Josefa Idem, 52 anni, signora canoa. «Mi ha fatto saltare sulla sedia la storia della velista Giulia Conti che denuncia come gli uomini diffidino delle donne sulle barche perché, secondo loro, porterebbero jella. Sembra folklore, invece è una delle tante verità che andrebbero dette».
Cominciamo?
«Lo sport è maschilista ed estremamente conservatore. Lo è ormai più della politica, dove ci sono tentativi per svecchiare il sistema e favorire il ricambio generazionale ai vertici. Penso al limite dei due mandati per i sindaci, per esempio. Nelle federazioni ci sono presidenti ormai da cinque legislature. Il problema non è di merito o di giudizio sulle singole persone
al comando, non mi permetterei mai. Ma è l`approccio a non essere moderno».
Tra loro, comunque, nessuna donna.
«Le donne possono ovviamente candidarsi ma non lo fanno perché entrare in un sistema di così schiacciante prevalenza maschile
è difficile visto che devono essere votate da tutti uomini, che spesso delle signore diffidano per pregiudizio o disabitudine. Sono le regole del gioco che di fatto ti escludono. D`altra parte, e questa è una mia impressione personale e puramente empirica, non ne hanno voglia perché un gioco teso a mantenere le posizioni di potere alle donne non piace».
Lei non ci ha mai pensato a dirigere la sua federazione?
«Neanche per idea. Me lo hanno offerto, anche recentemente: io per lo sport non voglio agire in un ambito politico ma gestionale. La mia attività in Senato punta anche a questo, specie nel lavoro che stiamo svolgendo con l`Affare assegnato alla `P Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) sullo “stato di salute dello sport” costruito ascoltando
federazioni, associazioni, scuole, Regioni e Province, esperti, studi indipendenti. Ne viene fuori un quadro dove non solo le
donne, ma lo sport in generale, dilettantistico e professionistico, soffre di carenze strutturali e normative».
Per esempio, il dilettantismo cui sono relegate per legge le atlete.
«Sono cofirmataria con la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli del ddl per modificare proprio quella norma, la famigerata
n.91 del 1981 che divide in due il mondo dello sport tra professionisti e dilettanti. Ancora non è iniziato l`esame, nonostante l`assegnazione sia del luglio 2015. A breve dovrebbe essere calendarizzata. A oggi solo cinque federazioni hanno professionisti e sono solo settori maschili, le donne invece: tutte dilettanti. Non è una differenza da poco: oltre che guadagni in media inferiori al 30 per cento, le dilettanti non hanno una serie di tutele a cominciare dalla previdenza sociale, l`assistenza sanitaria, la pensione. Il professionista costa ai “datori” di lavoro, gli altri sopravvivono in genere
coi gruppi sportivi militari che danno garanzie e stipendio trasformando l`attività agonistica in statale. Quando concludono la carriera sportiva, le donne non hanno un futuro visto che il nostro sistema scolastico e sportivo viaggiano su binari diversi. Lo raccontava anche la velista Conti, costretta ad abbandonare gli studi. La cosiddetta dual career, la carriera
duale, deve essere uno dei nostri obiettivi di civiltà. È tutta la casa dello sport che ha bisogno di essere modernizzata».


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