“Milanesi sì, ambrosiani certo. Ma siete parte del popolo multiculturale e multietnico di Dio”. Il multiculturalismo di Dio, potrebbe diventare una bella definizione, una nuova categoria politologica dell`accoglienza.
Un milione di persone. Sorprendentemente tante. Le televisioni e i media si sono stupiti: non era prevedibile, per di più in zone certo di antica tradizione cattolica, oggi però profondamente secolarizzate. Le aree più benestanti del Paese, segnate da una modernità efficiente di cui andare giustamente fieri. Il loro popolo accorre in così grandi masse verso questo piccolo uomo che tanti ormai definiscono come l`unico leader riconosciuto del mondo a difendere le ragioni degli ultimi e dei diseredati.
Il fatto è che ormai sembra davvero difficile interpretare, soprattutto per i media e la politica, le tendenze profonde, le aspirazioni e le amarezze «del popolo».
E così un po` tutti si arrendono a chiamare queste attese, con il termine dispregiativo di “populiste”.
Bergoglio non teme questo rischio, lui che non dismette la sua postura latino-americana, quella che senza troppe mediazioni si rivolge direttamente al popolo e ai suoi bisogni. Con venature schiettamente anticapitaliste, quando questo si riduce a mera speculazione finanziaria che mortifica e annulla il lavoro umano. O quando si rinserra nell`egoismo dei muri a difesa delle frontiere contro gli esuli, i profughi, che scappano dalla fame e dalle guerre.
E oggi si assiste proprio al confluire di questi due populismi, quello economico che deriva dalla crisi materiale e quello nazionalista che deriva dalla paura dell`altro, del diverso, dello straniero. La migrazione è il luogo, pratico e simbolico nel quale tutte queste paure precipitano e si sedimentano.
Lo abbiamo già visto nella storia del Novecento. Molti di noi evocano al proposito il fantasma di Weimar quando “la tenaglia rossonera”,alimentata da questi due populismi, annientò la democrazia.
Esagerazione? Abbiamo gli anticorpi per non soccombervi? Il papa si appella alla memoria storica del popolo lombardo che ha conosciuto le guerre mondiali, che ricorda il dolore, tramandato, dalla generazione che ci ha preceduto. «Non dimentichiamoci da dove veniamo, dei nostri avi, dei nostri nonni e di tutto quello che hanno passato».
Il papa crede che non si debba avere paura a imbracciare la strada dell`incontro: «Non abbiate paura di abbracciare i confini, non possiamo rimanere come spettatori davanti a tante situazioni dolorose».
Nell intervista rilasciata alla Civiltà cattolica nel 4000° numero della rivista dei gesuiti spiegava che le priorità oggi sono «il dialogo, il discernimento e la frontiera ma senza addomesticare le frontiere per portarle a sé» quanto piuttosto per imparare a stare nella frontiera, sulla frontiera. È quello che ha ribadito incontrando i leader europei in Vaticano l`altro ieri, nel quadro
delle celebrazioni per il 60° dei Trattati di Roma: «L`Europa ritrovi speranza nella solidarietà, che è anche il più efficace antidoto ai moderni populismi. Quando si apre ai giovani, offrendo loro prospettive… quando investe nella famiglia, quando rispetta la coscienza… quando difende la vita».
Milano non è solo l`avamposto verso l`Europa, è un pezzo di Europa stessa, come dovremmo essere tutti ormai. Ma Milano lo è nei fatti.
Una città e un popolo generosi e aperti, che guardiamo tutti con ammirazione, con la speranza che sia un`avanguardia di questa nostra Europa così esausta e ferita.


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