DA QUEST`ANNO ALLA NOTA DI AGGIORNAMENTO AL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA2013, il governo deve allegare un rapporto
sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell`evasione fiscale.
Una miniera di dati che se fossero letti con l`attenzione che meritano, aiuterebbero a
comprendere le gigantesche dimensioni del fenomeno del sommerso nell`economia
e del lavoro nero: una vera emergenza nazionale che deve diventare una delle priorità dell`azione dell`esecutivo guidato da Enrico Letta.
Le ultime stime dell`Istat si fermano al 2008 e stimano il valore aggiunto prodotto
nell`area del sommerso economico tra un minimo di 255 miliardi e un massimo di
275 miliardi di euro, pari rispettivamente al 16,3% e al 17,5% del Prodotto interno lordo.
Di questa ricchezza nascosta al fisco, oltre 102 miliardi di euro (pari al 6,5 per cento) sono prodotti tramite l`impiego di lavoro irregolare: un esercito «invisibile» di circa 3 milioni di individui.
L`incidenza del sommerso sul totale del settore è pari al 32,8% in agricoltura, al
20,9% nei servizi e al 12,4% nell`industria.
È dalla piena consapevolezza dell`esistenza di questo «buco nero» – in tutti sensi:
economici, sociali, etici e di legalità – che bisogna ripartire sia per diminuire la pressione fiscale sia per rendere più equo il nostro sistema tributario, perché ogni euro recuperato dalla riemersione del sommerso deve essere indirizzato per lenire le ferite di questa interminabile crisi e per la crescita.
Per raggiungere questo obiettivo non sono sufficienti interventi spot con annunci e
proclami mediatici, ma bisogna agire, ad esempio, con un lavoro di manutenzione e
di disboscamento della selva delle norme tributarie, dentro cui si nasconde un humus
di corruzione e di infedeltà fiscale incompatibile con uno Stato moderno e soprattutto rappresentano un freno per reperire quelle risorse pubbliche necessarie per avviare la ripresa sugli assi portanti del taglio della tassazione su lavoratori e imprese e degli investimenti in innovazione e ricerca.
Inoltre, è indispensabile che gli impegni assunti negli ultimi vertici europei e del G8
sul tema dei paradisi fiscali, si traducano rapidamente in provvedimenti che consentano di contrastare questo perverso prodotto della globalizzazione e della internazionalizzazione della finanza.
Sulla lotta all`evasione fiscale il governo deve accelerare e non soltanto per un sacrosanto rispetto dei milioni di contribuenti onesti.
Siamo arrivati sull`orlo di una crisi di governo per l`aumento della aliquota Iva dal
21 al 22 per cento, una manovra che valeva circa 1,1 miliardi di euro per il 2013 e 4,4 miliardi di euro per l`intero 2014.
Ebbene proprio partendo dai dati contenuti nel ricordato rapporto sul contrasto
all`evasione fiscale, per la sola Iva è stimabile una evasione di circa 32 miliardi di euro, oltre sette volte il costo che imprese e famiglie sosterranno per l`incremento di un punto di Iva!
Se, poi, si ricorda che nel 2012 l`attività di accertamento e controllo ha prodotto entrate Iva per circa 2,4 miliardi di euro, ci si rende conto degli enormi spazi e degli enormi benefici che si potrebbero ottenere estirpando la mala pianta dell`evasione fiscale, o almeno potandola energicamente.
Ai diversi livelli – governo, Parlamento, agenzia delle entrate e opinione pubblica
in generale – c`è molto da fare, ognuno per le proprie responsabilità e per i compiti affidati dalle leggi, per affrontare con coraggio questa emergenza nazionale, su cui occorre concentrare risorse economiche ed umane, investimenti tecnologici, legislazione innovativa, affinché l`obiettivo di «pagare tutti per pagare meno tutti» non sia una utopia irraggiungibile, ma una delle fondamenta della nuova Italia dopo l`uscita da questa interminabile crisi.