Cosa avrebbe potuto (dovuto?) fare il governo in Europa per non farsi malamente piegare sulle banche
Al direttore – Il ricordo dell`irrilevante mozione di sfiducia contro il ministro Boschi si va perdendo con la stessa rapidità con la quale si dissolve l`eco dei talk show ai quali tanto somigliavano i discorsi ascoltati a Montecitorio. Assai più rilevanti, invece, potrebbero rivelarsi gli effetti della decisione del governo di affidare all`Autorità contro la corruzione gli arbitrati sulle truffe avvenute nel collocamento presso il pubblico sprovveduto delle obbligazioni subordinate di Popolare dell`Etruria, Banca Marche, Cariferrara e Carichieti.
 Rilevanti ma non tranquillizzanti perché questa sfiducia, che tocca istituzioni i cui vertici non sono stati nominati dal governo in carica, viene lasciata intendere, ma non viene dichiarata né motivata e si accompagna a generiche censure del localismo bancario dopo anni di critica al gigantismo, segno di una schizofrenia politico-regolatoria non solo italiana. Se invece tutto fosse squadernato, verrebbero a galla non solo le questioni della vigilanza, risapute per quanto interessanti, ma anche le modalità del salvataggio, che rappresentano la vera novità.
Trattiamo dunque della novità. Sono d`accordo con quanti – dalla Banca d`Italia all`Abi – sostengono che meglio sarebbe stato consentire al Fondo interbancario di tutela dei depositi di ricapitalizzare le quattro banche, evitandone il fallimento. Avrebbero pagato soltanto gli azionisti. Tutti gli altri portatori di interessi – depositanti, clienti e pure i sottoscrittori di obbligazioni subordinate – avrebbero conservato i propri rapporti bancari e le proprie spettanze. E per i vecchi banchieri nessun beneficio: con il commissariamento erano già stati mandati via.
Lo statuto del Fondo, del resto, autorizza l`assunzione di partecipazioni nelle banche a fini di salvataggio qualora costi meno del rimborso dei depositi inferiori ai 100 mila euro. Opzione confermata dalla direttiva 2014/49/UE sui sistemi di garanzia dei depositi approvata dal Parlamento europeo il 16 aprile 2014. Una via d`uscita peraltro imboccata pochi mesi fa per la Tercas. Ma il governo ha preferito adottare in anticipo la regola del bail in, giustificandosi con l`orientamento sfavorevole della direzione generale per la concorrenza. Avrebbe potuto, il governo, sfidare il Commissario a formalizzare la posizione ed eventualmente impugnarla davanti alla Corte dell`Aia. Non l`ha fatto. E sì che assimilare le obbligazioni subordinate già in circolazione alle azioni ha uno sgradevole sapore retroattivo, dato che, quando vennero proposte ai risparmiatori e agli investitori istituzionali, le regole del ‘bail in’ erano ancora lungi dall`essere approvate.
Debole pare inoltre l`idea che l`intervento del Fondo costituisca un aiuto di stato: pur costituito in forza di una legge e guidato da un consiglio che comprende un delegato della banca centrale, il Fondo è finanziato con risorse totalmente private. Vorrà pur significare qualcosa. Diversamente, dovremmo bloccare pure gli incentivi ai produttori di energia da fonti rinnovabili perché vengono sì dalla bolletta elettrica, e dunque non dal bilancio pubblico, ma vengono in forza di una legge.
Con il salvataggio via Fondo, l`Italia si sarebbe risparmiata gli odierni sconquassi che, per una questione minima (almeno secondo i dati dell`’Unità’), ledono la reputazione dell`intero sistema bancario al punto di consigliare perfino una banca solida come la Cariravenna del presidente dell`Abi, Antonio Patuelli, a rimborsare le sue subordinate. Di più: avremmo evitato di crearci da soli, con le nostre mani, un precedente di risoluzione delle crisi che avrebbe ripercussioni sistemiche gravissime, ove mai dovesse disgraziatamente applicarsi a casi più consistenti. E i tedeschi già gufano alla grande, come si direbbe a Firenze.
Da ultimo, sul piano politico, viene da chiedersi il perché di queste scelte, in apparenza irragionevoli. Al Corriere che chiedeva se l`Italia potrà avere l`attesa bad bank entro l`anno, il ministro Piercarlo Padoan ha risposto che bisogna aspettare marzo quando verrà approvata dalla Commissione la legge di stabilità. Dunque, le banche in cambio della flessibilità in materia fiscale? Sarebbe un azzardo, ma… non diciamo più nulla e incrociamo le dita.

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