Salvatore Bragantini, in un`intervista al Sole 24 ore.com ripresa dal quotidiano, boccia l`introduzione di una seconda soglia per l`Opa obbligatoria, determinata dall`esistenza di un controllo di fatto con una partecipazione inferiore al 30%. I1 Senato della Repubblica ha invece approvato, pressoché all`unanimità, una mozione che impegna il governo a varare con urgenza, anche attraverso un decreto legge, una tale riforma. Prima di dare il suo assenso, il governo ha informato l`aula circa una perplessità e alcune controindicazioni segnalate dal ministero dell`Economia. Confesso che, nello stendere la mozione, abbiamo ragionato anche noi sulle stesse questioni concludendo che una norma semplice, chiara e forte, diversa dalla vecchia regola che Bragantini giustamente non rimpiange, le possa risolvere, tranquillizzando quanti hanno a cuore il bene dei più rispetto a quello dei pochi.
La perplessità. La direttiva comunitaria 2oo4/25/CE non indicherebbe in modo chiaro se sia possibile introdurre una seconda soglia determinata dal controllo di fatto accanto a quella classica del 30%. Ma perché farne materia di dubbio? In uno Stato liberale, ciò che non viene vietato, è consentito. Dunque, se vogliamo, possiamo. Siamo adulti. D`altra parte, lo stesso ministero riconosce che anche altri Stati europei hanno adottato il doppio regime. Non sono la maggioranza, è vero. Ma il punto per de- cidere non è tanto l`ampiezza del branco con cui pascolare quanto la convenienza a stare in questo o in quell`altro branco che sta in questa o quella prateria. Se lo si ritiene utile, nel rispetto delle leggi, si può anche stare da soli. Questo vuol dire assumersi le responsabilità.
Le quattro controindicazioni: a) un sistema basato sull`accertamento del controllo di fatto rende più incerto il mercato del controllo; b) la Consob farebbe fatica e impiegherebbe molto tempo a verificare gli effetti dall`acquisizione della maggioranza sub 3o%; c) la Consob avrebbe troppa discrezionalità e sarebbe sommersa dai ricorsi; d) l`Opa obbligatoria sarebbe promossa molto tempo dopo l`acquisizione del controllo di fatto.
In realtà, con una buona norma, la Consob potrebbe accertare in poche settimane in quali società del listino la maggioranza deliberante dei consigli sia stata eletta per almeno due volte da un azionista o da un concerto di azionisti con una maggioranza inferiore al 30%. In questo, fra l`altro, la Consob resterebbe nel solco della propria interna giurisprudenza. Fatta la prima lista, che verrà aggiorriata ogni anno, non sarà né lungo ne difficile né discrezionale verificare i cambi del controllo sia dentro la partecipazione sia al superamento della partecipazione medesima. Ci sarà ben poco da fare ex post. E l`obbligo dell`Opa a tutela delle minoranze azionarie scatterà tempestivamente.
A ben vedere, l`unica consistente controindicazione è la prima: così il mercato del controllo potrebbe essere meno fluido. Sarebbe infatti impossibile acquisire il controllo di Telecom Italia con un flusso finanziario netto dalla Spagna pari a i5o milioni. O giocare dentro alle scatole cinesi.
La consistenza della controindicazione non deriva dal diritto quanto dagli interessi. Il risparmio è un bene primario garantito dalla Costituzione. E colgo qui l`occasione per tributare il dovuto omaggio al «Sole 24 Ore» per le sue battaglie a difesa dei piccoli azionisti. Il mercato del controllo e anch`esso un bene. Se mi si perdona un`autocitazione, ho scritto un libro intitolato «Licenziare i padroni?». E tuttavia si tratta di un bene, per così dire, secondario. Non a caso, la Costituzione non se ne occupa e nei tanti dibattiti in corso sulle riforme istituzionali nessuno pensa di attribuirgli un rango analogo a quello del risparmio.
Sul piano degli interessi, il gioco si svolge tra chi ritiene che il cambio facile al vertice, che certamente giova al sistema finanziario, giovi pure alle imprese, e a questo duplice vantaggio sacrifica gli interessi dei piccoli azionisti, e chi invece, sulla scorta dell`esperienza, giudica questo vantaggio certo per la finanza e del tutto incerto per le imprese, e dunque reputa ingiustificato sacrificarvi gli interessi dei soci di minoranza, largamente rappresentativi del risparmio. Tutto qui.

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