“La posizione del Pd sul referendum è un pasticcio, questa riforma nata solo per strizzare l’occhio alla demagogia antipolitica e antiparlamentare andava fermata prima”. Tommaso Nannicini, a capo del comitato dem per il no al taglio dei parlamentari, parla con HuffPost dell’avvicinarsi del Referendum confermativo che ridurrebbe i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200, mentre monta la tensione all’interno del suo partito, per ora posizionato sul sì, ma con alcune importanti riserve.

Senatore, Zingaretti stamattina ha ribadito di essere d’accordo con chi ravvisa un pericolo nel votare sì al taglio dei parlamentari senza una nuova legge elettorale. Ci aiuta a capire dove sta esattamente il pericolo?

Il pericolo è legato alla legge elettorale e ad altri correttivi istituzionali. Come abbiamo sempre detto, anche quando il Pd ha votato per tre volte no al taglio, il numero dei parlamentari può anche scendere, ma come risultato di una riforma complessiva che renda le istituzioni più efficienti e più vicine ai cittadini e non mettendo il carro davanti ai buoi con un taglio lineare della rappresentanza politica. Non è che con il taglio possiamo far saltare le tenute di garanzia democratica volute dai padri costituenti. Questi correttivi erano stati annunciati quando il Pd ha cambiato la sua posizione dal no al sì, però non se ne vede neanche l’ombra.

Il 20 settembre è vicinissimo, considerando che il Parlamento chiude. Il Movimento 5 stelle, da ultimo il ministro Di Maio, in questi giorni si è pronunciato sull’importanza di una nuova legge elettorale. Si farà in tempo ad arrivare al pronunciamento almeno di una delle due Camere?

Io penso di no e ripeto: non è solo una questione di legge elettorale ma di funzionamento delle istituzioni. Senza i correttivi richiesti a questa riforma malfatta e mal pensata si lascerebbe il Parlamento in balia del trasformismo di due o tre senatori, anche nell’elezione degli organi di garanzia.

Se si dovesse arrivare al Referendum del 20 settembre senza questi bilanciamenti, non si fa in tempo a farli dopo? Tanto il taglio non sarebbe immediato, ma avverrebbe con le prossime elezioni.

Si fa in tempo a fare tutto sulla carta, ma una cosa è la carta, una cosa è la politica. Questa è la prima volta che i promotori del sì non ti chiedono di votare una riforma, ma ti dicono ‘ facciamo questa e poi faremo delle riforme sensate’. Di solito è il no che dice ‘fermiamo questa e poi faremo un’altra riforma migliore’. Siamo di fronte a un paradosso: i fautori del sì chiedono un voto non sulla riforma oggetto del referendum, ma su quella che faranno, quindi fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.

Quindi quello del Pd sarebbe un ‘sì con le mani avanti’?

Esatto, difatti la riforma andava fermata prima, perché non è mai stata pensata dai 5 stelle e dalla Lega per rendere le istituzioni più vicine ai cittadini e alla gente.

Se non si riescono a fare i correttivi e passa il taglio, cosa accade?

Succede che vanno ridisegnati i collegi a legge elettorale esistente (cioè il Rosatellum bis, ndr) e poi se in due mesi arrivasse una nuova legge elettorale bisognerà rifare i collegi sulla base di quella, sulla quale però non c’è accordo nella maggioranza.

Senatore, lei mi sta dicendo che una riforma costituzionale poi dopo sarà sempre minacciata, avrà sempre su di sé la mannaia di una nuova legge elettorale?

Per forza, sono due cose diverse, la legge elettorale è una legge ordinaria e il taglio è una riforma costituzionale. Vanno su due binari distinti.

Però Zingaretti parla di pericolosità della riforma senza la legge elettorale ad hoc, quindi siamo in una situazione normativa singolare e scivolosa.

Certo, non c’è dubbio.

Il fronte del no all’interno del Pd è destinato a crescere?

Penso e mi auguro di sì.

Se però il suo partito si spostasse sul no e poi, come è nelle cose, passerà il taglio, il Pd come ne esce? A occhio, non benissimo.

Il dossier di sicuro andava gestito meglio sennò non avremmo votato tre volte no in Aula e poi sì. Detto questo, c’è la politica. Una cosa è se il sì vince al Referendum con il 90 per cento, un conto con il 60. In questa seconda ipotesi, sarà più facile per il Pd in Parlamento chiedere i correttivi. Se c’è un plebiscito per il sì, invece, quei correttivi non arriveranno mai.

E cosa vorrebbe dire in concreto?

Un Parlamento senza rappresentanza e che non controlla i governi, oltre a una democrazia più debole.

Se ci fosse un plebiscito per il sì la leadership di Zingaretti è messa in dubbio o dovrà esserlo?

No, non vedo legami con la leadership, ma un problema per la democrazia. Il punto sarà se noi del Pd avremo la forza e il coraggio di fare i correttivi.

Senatore: ci ripete le ragioni del no al taglio?

I territori, gli italiani all’estero, le zone meno popolose non avranno più rappresentanti e così si allontana la politica dai territori. I parlamentari saranno scelti in liste bloccate dai capetti di partito senza nessun legame con i territori e in Senato i governi saranno sempre in balia di due o tre senatori. Infine, avremo commissioni che funzioneranno peggio, quindi leggi più confuse e meno efficaci. In una parola: democrazia più debole.

A chi fa piacere?

A chi vuole sostituire la democrazia rappresentativa con una piattaforma digitale privata.

Alla fine i 5 stelle riusciranno con questa riforma ad aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno?

A me sembra che i 5 stelle si preparino a esserlo, il tonno.

Cos’è il tonno in questo caso?

Una nuova casta populista che vuole gestire il potere e i benefit legati a quel potere a proprio piacimento. La demagogia antipolitica e antiparlamentare è un trucco vecchio come il mondo per raggirare i cittadini.


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