Ma chi è `sta Cirinnà?
Quanta fibrillazione, quanti rumors, il giorno in cui la senatrice Monica Cirinnà, «troppo alta, troppo magra e troppo riccia» per risultare credibile, al suo primo mandato parlamentare si ritrovò in mano la patata bollentissima delle unioni civili. Dopo 25 anni di tentativi falliti – da Alma Agata Cappiello in poi – di liti incarognite all`ombra poco confortevole del Vaticano, fra Pacs, Dico e Cus, nel giugno del 2013 la Commissione giustizia indicava come relatrice dell`ennesimo disegno di legge questa ex consigliera comunale di Roma, verde verdissima e anzi animalista, una “gattara” come dicevano gli avversari con sufficienza. Perché scelsero lei? «In Senato non conoscevo nessuno. Credo pensassero che fosse facile gestirmi e addossarmi la responsabilità di un eventuale nuovo fallimento» se la ride Monica Cirinnà ora che le unioni civili si celebrano in tutti i Comuni e che in libreria sta per arrivare L`Italia che non c`era, 304 pagine dove i tre anni che hanno sconvolto la sua vita scorrono fra intrighi di palazzo, momenti epici e colpi di scena, tradimenti, insulti, tifo da stadio e notti febbrili.
Ricapitoliamo: eletta in Senato, la gettano nel più infido dei pantani e lei subito accetta. Come diceva Crozza, «ma se non è lesbica, perché lo fa?».
«Perché mi sono sempre occupata di diritti. Gli ultimi degli ultimi, nell`amministrazione di una città, sono i cani e i gatti. E nell`ordinamento dello Stato non me ne vogliano gli amici gay – non erano forse ultimi, in quanto inesistenti, gli omosessuali? Il loro riconoscimento giuridico era un passaggio fondamentale che al nostro Paese mancava. Una battaglia di tutti, non solo del movimento omosessuale».
Il Pd, il suo partito, non le ha reso le cose facili.
«Ero preparata all`ostruzionismo, a litigare anche con gli alfaniani, i fratelli-coltelli, ma certo non ero pronta al fuoco amico e all`ignavia».
I nomi.
«Nel candidarmi, avevo firmato davanti a un notaio il mio impegno per un programma che includeva le unioni civili e l`adozione del figlio del partner.
Nonostante ciò, l`area cattodem non mi ha dato tregua. La crociata medioevale di Gasparri, Giovanardi, Formigoni, Sacconi e compagnia aveva arruolato cavalieri nel Pd. Il più battagliero? Il collega Stefano Lepri».
E ora gli ignavi.
«Lo sono stati i senatori Pd dell`area ex Pci, in particolare gli uomini».
Per esempio?
«Ho sollecitato più volte Miguel Gotor a fare comunicati, a spendersi per mostrare all`esterno che l`ala bersaniana teneva alla legge. Il capogruppo alla Camera, invece, era Roberto Speranza: in pubblico diceva sempre “andiamo avanti”, ma poi si è visto ben poco. L`attività dei cattodem, che era frenetica, non trovava una compensazione a sinistra. Solo l`area che faceva riferimento ad Andrea Orlando si muoveva. Lì ho visto la differenza tra la volontà riformatrice dei”giovani turchi” e la sinistra conservatrice».
Con il movimento Lgbt non sono sempre stati rose e fiori. Momenti topici?
«Al Cassero, a Bologna, un`assemblea nel 2015 con tutte le associazioni Lgbt. Si respirava la diffidenza, l`attesa. Gli occhi di tutti su di me. Decisi di essere più sincera che mai: ammisi che la legge non era perfetta, che non era quello che volevamo, ma rappresentava un punto di inizio, e di più, con quella maggioranza, non era possibile ottenere».
Ha avuto anche sinceri alleati.
«Ma certo. Oltre a Renzi, che è stato coraggioso, Giuseppe Lumia, Sergio Lo Giudice, Maria Elena Boschi, tanti colleghi…E l`uomo che non mi hai mai chiuso
la porta, Luigi Zanda, il capogruppo Pd in Senato. Oddio, mi faceva anche delle grandissime cazziate. Quando sul telefono vedevo che mi stava cercando pensavo
“che cosa avrò fatto?”. Spesso mi spiegava che aria tirava, i messaggi dal Vaticano o da Palazzo Chigi che lui intercettava perché a un livello superiore al mio».
Scilipoti tirò in ballo Satana. Radio Maria le augurò il funerale.
«È stato un Vietnam. Dicevano: “La Cirinnà non può parlare di famiglia perché non ha figli”, un`assurdità, a parte il fatto che i quattro figli di mio marito li sento come miei. Oppure: “Perla Cirinnà i cuccioli che si regalano e i bambini sono la stessa cosa”. Giovanardi in commissione mi accusava di non essere imparziale e subito dopo, alla riunione del gruppo Pd, sentivo i cattodem usare le sue stesse parole. Le ferite ci sono state. La solitudine anche. Incrociavo Formigoni in corridoio e sibilava: tanto non passerà mai».
È vero che cambiò stile nel vestire?
«Ero”quella degli animali”,”quella dei gay”; quella che attaccava la Cei e talora metteva in imbarazzo parte del Pd. Appena la partita è diventata mediatici, ho scelto il livello zero dell`ostentazione. Ho evitato le gonne troppo corte, le scollature troppo profonde».
A un certo punto si è ritrovata famosa.
«Sul Web giravano i santini col mio volto: ero Santa Pazienza. Dopo un confronto su Sky con la Binetti, che balbettava, in Rete circolò l`immagine di una betoniera con scritto: “usa anche tu gli Asfalti Cirinnà”. Se nel Palazzo a volte mi sentivo sola, fuori la gente mi sosteneva».
Aveva il suo speciale cerchio magico.
«Vero, su WhatsApp c`era il Cirincerchio: una chat di amici, etero e gay, giornalisti dei siti gay, persone che avevano bisogno di sapere in tempo reale cosa accadeva e che mi raccontavano come i vari avvenimenti del Palazzo erano percepiti all`esterno».
Il momento più difficile?
«Il voltafaccia del Movimento 5 Stelle, le terribili ore fra il 16 e il I 7 febbraio 2016. I 5Stelle avevano seguito la legge nel dettaglio per due anni, contribuendo a limarla fin nelle virgole, sempre presenti ai lavori della commissione. Una fatica anche fisica. Il cambiamento fu stupefacente. Un attimo prima, il senatore Alberto Airola mi sommergeva di sms, un attimo dopo si era dileguato. Ci fu una tempestosa riunione dei 5 Stelle, si sentivano le grida. Ma non trapelava niente. Nel caos telefonai a Stefano Rodotà, che non conoscevo: “Professore, sono stata una sua allieva. Mi aiuti a capire che cosa sta succedendo”. E lui, che pure era stato il candidato dei Cinque Stelle al Quirinale, poco dopo mi richiamò costernato: “Mi dispiace, non rispondono neanche a me”».
Perché vi lasciarono in braghe di tela?
«Si diceva che avessero un sondaggio secondo il quale sostenere la legge li avrebbe penalizzati. Soprattutto si stavano accreditando in Vaticano, sia in chiave nazionale sia romana. Era in arrivo anche il voto per il Campidoglio» .
In un momento cruciale, lei scappò via da una riunione per consultarsi con qualcuno. A chi telefonò?
«Ho promesso di tacere».
Suvvia.
«Ti trovi sull`orlo di un vulcano, una persona ti tende la mano, ma chiede: non raccontare che ti ho aiutato io. Resterà un mistero e così avrò fatto contento mio padre, 86 armi, che dopo avere letto il libro mi ha detto: anche se si sa come finisce, Monica, questa storia sembra un giallo».


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