“La decisione del Tribunale di Roma, che accolgo pienamente, pone un urgente questione politica, quella del rispetto della legalità costituzionale nella rappresentanza democratica. E’, dunque, chiara a tutti l’urgenza dell’approvazione della legge sui partiti visto che il tribunale, dichiarando l’inammissibilità della domanda di nullità del Codice di comportamento per i candidati M5S alle Comunali di Roma, lascia pienamente aperta la questione – certamente tutta politica – di come sia possibile che, a Costituzione vigente alla luce degli articoli 3, 51, 67 e 97, la sindaca della Capitale sia sottoposta a un vincolo di sottomissione con soggetti privati che prevede persino obblighi e sanzioni pecuniarie”. Lo dichiara la senatrice del Pd Monica Cirinnà.

“Il fatto che il tribunale non abbia valutato nel merito la validità del contratto – sottolinea – lascia aperti tutti i casi di illegale costrizione all’obbedienza, con il conseguente divieto di dissenso, cui sono sottoposti tutti gli eletti M5S in Italia. Stupisce che perfino gli avvocati della sindaca, nella memoria che hanno presentato, avessero comunque ipotizzato che la nullità del Codice di comportamento non avrebbe avuto come conseguenza l’ineleggibilità e la decadenza della Raggi. Questo dimostra che anche per loro la legittimità di tale codice non è così scontata. Ma, ribadisco, su questo punto il tribunale non si è pronunciato”.

“Auspico – aggiunge – che questi temi possano essere oggetto di ulteriori gradi di giudizio fino alla remissione del quesito alla Corte costituzionale, poichè resto convinta che in un sistema di democrazia parlamentare quello dell’autonomia degli eletti, previsto dall’art. 67 della Costituzione, sia il cuore pulsante della nostra libertà”.

“Al di là della decisione del tribunale che va rispettata – conclude Cirinnà –  non capisco per cosa gioiscano la sindaca Raggi e i suoi consiglieri comunali che restano obbligati a sottoporre preventivamente le loro scelte, su atti di alta amministrazione e nomine, al permesso di privati. E, per di più, se disubbidiscono, potranno essere passibili di sanzioni fino a 150 mila euro. Roma e i romani, che hanno votato in piena libertà, meritano un sindaco altrettanto libero”.


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